Economia

Tutti contro tutti sul passato e sul futuro dell’acciaio

Tutti contro tutti sul passato e sul futuro dell’acciaioIl ministro delle «Imprese e Made in Italy» Adolfo Urso – Ansa

La polemica Il gioco del cerino sulla storia recente delle politiche industriali e ambientali: Urso attacca i Cinque Stelle, Calenda a testa bassa, Patuanelli e Conte rispondono

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 12 gennaio 2024

Tutti contro tutti in parlamento, mentre sul futuro dell’ex Ilva si aspetta un raggio di sole. Più che soluzioni, il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha fatto nuovi annunci durante un’informativa al Senato iniziata con una metafora discutibile. La siderurgia è stata scambiata per una gita in barca quando Urso ha detto che l’ex Ilva dovrà «cambiare rotta, cambiando equipaggio».

Dopo più di un anno al governo, dopo avere constatato da mesi che Arcelor Mittal non ha intenzione di fare il mestiere del capitalista dell’acciaio, sarebbe il minimo. Quanto alle soluzioni, il campo resta aperto. Urso è stato sibillino a tale proposito. Ha detto che lo Stato garantirà «la continuità della produzione e la salvaguardia dell’occupazione» e nel frattempo cercherà «altri investitori privati di natura industriale». Questo significa che si continuerà sulla scia di quanto è stato fatto fino ad adesso, con risultati fallimentari, almeno per quanto riguarda l’ex Ilva.

Quanto allo scioglimento dell’ingarbugliato rapporto con Arcelor Mittal, Urso ha ribadito che si è arrivati al punto di un contrasto essenziale. «Arcelor Mittal – ha detto – si è dichiarata disponibile ad accettare di scendere in minoranza, ma non a contribuire finanziariamente in ragione della propria quota, scaricando l’intero onere finanziario sullo Stato. E nel contempo, reclamando il privilegio concesso negli originali patti tra gli azionisti, realizzati quando diedero vita alla società Acciaierie d’Italia, di condividere la governance, così da condizionare ogni ulteriore decisione, cosa che non è accettabile né percorribile alla luce dei vincoli europei sugli aiuti di Stato». Il governo sta trattando: usa l’ipotesi del commissariamento per incalzare Arcelor Mittal. Paventa di andare in tribunale, rischiando una vertenza infinita, e fa trapelare l’idea di un «divorzio consensuale» dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano.
Oltre al tatticismo Urso ha snocciolato le migliori intenzioni che riempiono la bocca dei ministri che aprono il dossier della siderurgia. Taranto, Piombino, Terni e le grandi acciaierie del Nord Italia «possono essere il più grande polo siderurgico green avanzato in Europa, a cominciare da Taranto» Il mega-impianto pugliese dovrà «riaffermare il ruolo di campione industriale con una filiera produttiva con l’intero ciclo dal minerale al prodotto finito». Ma c’è un problema: è tutto da dimostrare che questo governo, diversamente da quelli che lo hanno preceduto, trovi la pietra filosofale.

In questo limbo la discussione in parlamento si è risolta in uno scambio di accuse dal quale si è capito che tutti hanno fatto errori. Urso ha parlato di «patti parasociali fortemente sbilanciati a favore del soggetto privato, patti che definire leonini è un eufemismo. Nessuno che abbia cura dell’interesse nazionale avrebbe mai accettato quelle condizioni». I patti «leonini» sarebbero stati sottoscritti dal suo predecessore Stefano Patuanelli dei Cinque Stelle. «Urso – ha risposto quest’ultimo – pensi al disastro che sta producendo e non a fare la cronistoria. Sul patto leonino ha etto oggettivamente una cosa non vera».

L’altro fronte è stato incendiato da ex ministro conoscitore della materia. Carlo Calenda (Azione) su X (ex twitter) ha caricato a testa bassa i Cinque Stelle: «Hanno fatto saltare un accordo blindato e vantaggioso per entrare in società con Mittal in minoranza. Non è incompetenza è demenzialità. Il tutto con un silente Pd al seguito». A quel punto è arrivata la risposta di Giuseppe Conte (Cinque Stelle) in una conferenza stampa: «Prima di parlare Calenda dovrebbe spiegare come ha impostato la gara d’appalto nel 2016. Lui ha preferito la cordata con Mittal da sola. C’era la possibilità di rilanciare ma ha rinunciato. Quando siamo arrivati noi non era possibile annullare la gara, ma parlammo con Mittal per maggiori investimenti nelle bonifiche. Urso dice che noi abbiamo difettato in qualcosa. Ci dica semplicemente cos’è successo dopo».

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