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Tutte le inchieste sull’Etruria

Tutte le inchieste sull’EtruriaAlcuni obbligazionisti protestano

Banche Al momento sono sette le inchieste legate alla vecchia Banca popolare dell'Etruria e del Lazio. E rischiano di moltiplicarsi, visto il fascicolo aperto dalla procura di Arezzo sull'ipotesi di reato di truffa legata all'emissione delle obbligazioni subordinate, coinvolgendo i direttori delle filiali che hanno spacciato i titoli a rischio. L'indagine più intrigante è sulla presunta mancata vigilanza di Bankitalia e Consob.

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 19 dicembre 2015

Piovono come le rane nel film “Magnolia”. Sono le inchieste legate, in un modo o nell’altro, alla vecchia Banca popolare dell’Etruria e del Lazio. Al momento sono sette, ma rischiano di moltiplicarsi. L’effetto diretto del fascicolo, aperto dalla procura di Arezzo, sull’ipotesi di reato di truffa legata all’emissione delle obbligazioni subordinate. Una indagine nata dalle circa 1.200 denunce presentate dai clienti spennati dell’istituto di credito, e per la quale la magistratura aretina sembra indirizzarsi verso i singoli direttori di filiale coinvolti nella vendita dei titoli. Fatto questo che potrebbe portare, per competenza territoriale, all’interessamento di tutti gli uffici giudiziari di bassa Toscana, Umbria e alto Lazio.
Di tutti i fascicoli, il più intrigante resta senza dubbio quello sulla presunta mancata vigilanza di Bankitalia e Consob. Nel 2013 l’istituto di credito aveva emesso due tranche di obbligazioni subordinate: 60 milioni a giugno, con rendimento fisso del 3,5%, e 50 milioni a ottobre, con rendimento fisso del 5%. Sul sito della banca era messo nero su bianco che le obbligazioni di quel tipo venivano vendute anche ai semplici clienti di sportello. Il fatto curioso è che in quello stesso periodo era in corso una ispezione di Bankitalia. L’ennesima, finita a settembre, e i cui risultati entrano nella relazione allegata al bilancio 2013.
Le conclusioni di palazzo Koch portano a multare gli amministratori dell’epoca, a causa degli scarsi controlli sulla qualità del credito, alla carenza della governance bancaria, e ad altre mancanze. Ma non c’è alcun rilievo né sull’emissione delle obbligazioni subordinate, né sul loro collocamento. Bankitalia conclude chiedendo alla Bpel di trovare un partner, certificando però che i problemi evidenziati “non assumono una rilevanza tale da pregiudicare il mantenimento dei requisiti prudenziali”. Poco più di un anno dopo, la banca viene commissariata dalla stessa Bankitalia, a causa di un mix fra perdite di esercizio e crediti deteriorati superiore ai 3,3 miliardi di euro.
Le denunce di Adusbef e Federconsumatori che hanno dato vita a questa specifica inchiesta riguardano non solo Bankitalia ma anche la Consob. Entrambe “non sono verosimilmente intervenute tempestivamente così da evitare il peggio”. A supporto, le due associazioni segnalano che a inizio 2014 Consob censura le attività della Bpel sul fronte immobiliare, e sulla valutazione della partecipazione nella banca fiorentina Federico del Vecchio. Ma non c’è alcun rilievo sulle obbligazioni subordinate e la loro vendita. Nonostante che, a fine 2013, la stessa Consob avesse messo nero su bianco che i titoli emessi ad ottobre erano diventati più rischiosi, e che i sottoscrittori avevano due giorni di tempo per chiedere il loro rimborso.
Il procuratore capo aretino Roberto Rossi potrebbe trasferire a Roma, per competenza, questa inchiesta. Mentre sta finendo di lavorare con la Guardia di finanza sull’indagine relativa all’ostacolo alla vigilanza, che risale al marzo 2014 a seguito della relazione di Bankitalia di fine 2013, con la richiesta di rinvio a giudizio per Giuseppe Fornasari (ex presidente), Luca Bronchi (ex direttore generale) e David Canestri (dirigente) di Bpel. Sempre della primavera 2014 c’è un’indagine su false fatturazioni, riguardante Fornasari e Bronchi, accompagnati questa volta dal successore di Fornasari, Lorenzo Rosi, ma al momento senza richiesta di rinvio a giudizio. Infine ad Arezzo c’è l’indagine sul conflitto di interessi partita dopo il commissariamento di Bpel nel febbraio scorso, nel quale si rilevava che 13 amministratori e 5 sindaci hanno interessi in 198 posizioni di fido, per 185 milioni di euro. Fra i 13 spiccano l’ex presidente Lorenzo Rosi e l’ex consigliere di amministrazione Luciano Nataloni. Non c’è Pier Luigi Boschi.
Da Arezzo a Roma, dove la procura indaga sulle presunte speculazioni sui titoli di Bpel, e di altre banche popolari, alla vigilia del decreto “salvabanche” del 22 gennaio scorso che ha abbattuto il valore delle azioni. Da non dimenticare poi la procura di Civitavecchia, che indaga sul suicidio di Luigino D’Angelo.

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