Lavoro

«Tutte le aziende ascoltino il giudice»

«Tutte le aziende ascoltino il giudice»Un rider al lavoro in bicicletta cerca di proteggersi – Foto di Elia Castoria

Precari & Salute Il tribunale impone mascherine, guanti, disinfettanti a Just Eat anche se si tratta di un «collaboratore». Dopo la sentenza di Firenze, la Cgil chiede tutele per ogni rider

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 4 aprile 2020

Dove non arrivano gli accordi sindacali e il Protocollo sulla sicurezza può arrivare un giudice. Nella lotta per far lavorare in sicurezza le categorie più deboli, da Firenze giunge un’importante sentenza che ora si spera convinca tutte le aziende di consegne a domicilio a dotare i loro lavoratori dei giusti dispositivi.

Supportato dalla Cgil, il rider e delegato sindacale Nidil – la categoria dei precari – Yiftalem Parigi si è rivolto al tribunale di Firenze per chiedere che la sua azienda – Just Eat – lo dotasse «di dispositivi individuali di protezione contro il rischio di Covid19».

A UNA PRECEDENTE RICHIESTA di Yftalem, Just Eat Italy «solo poche ore prima del provvedimento si era limitata a distribuire una mascherina monouso senza cellophane protettivo ad alcuni lavoratori».

Il giudice della sezione Lavoro Tommaso Maria Gualano ha quindi deciso di avvalersi di un decreto e citando «irreparabili pregiudizi al diritto alla salute» ha sentenziato anche in assenza dell’azienda «ordinando» – anche «nel caso di un collaboratore» – «la consegna al ricorrente di mascherina, guanti monouso, gel disinfettanti e prodotti a base alcolica per la pulizia dello zaino». L’azienda potrà presentare memoria difensiva entro il 15 aprile e il giudice si riserva di «modificare» il decreto.

«Una sentenza importante e pionieristica che riconosce i diritti di questi lavoratori e obbliga la piattaforma a tutelare la loro sicurezza sul lavoro. Chiediamo ora, quindi, che tutte le piattaforme dotino i propri rider degli adeguati dispositivi di protezione individuale», ha commentato soddisfatto il Nidil Cgil di Firenze.

«Un risultato dall’alto valore sociale, il primo provvedimento giudiziale che estende la disciplina antinfortunistica ai lavoratori delle piattaforme del food delivery – commenta la segretaria confederale Tania Scacchetti – . Ora ci aspettiamo che anche i lavoratori autonomi occasionali, come sono oggi molti rider, possano trovare risposte nelle misure del governo a tutela delle riduzioni di lavoro per coronavirus».

La Cgil non è mai arrivata a proclamare sciopero per i rider, come invece ha fatto il sindacato Deliverance a Milano che ha anche denunciato «numerosi episodi di furti e aggressioni: i rider stanno diventando bersagli mobili per chi non ha nulla da perdere perché a sua volta abbandonato: una guerra tra poveri».

PASSANDO AD AMAZON, finalmente è arrivata una presa di posizione internazionale. La confederazione sindacale Uni Global Union, citando gli scioperi italiani a Piacenza e in Piemonte oltre a quelli a New York, ha chiesto al gigante globale dell’e commerce «una retribuzione di rischio per il personale e gli autisti dei magazzini in prima linea». A Passo Corese, dove c’è stato il primo caso di Covid in Italia, la Fit Cisl del Lazio continua a denunciare che «Amazon continua a vendere merce non essenziale e a non rispettare le norme sul distanziamento interpersonale», afferma il segretario Marino Masucci.

Altre categorie senza tutele sono colf e badanti. Ieri Spi e Filcams Cgil hanno chiesto «la regolarizzazione e ammortizzatori»: «È indispensabile intervenire presto con misure di sostegno e protezione, a tutela della salute e del lavoro: essenziale per famiglie e anziani», dichiarano i segretari generali Ivan Pedretti e Maria Grazia Gabrielli.

E MENTRE CONFINDUSTRIA CONTINUA a spingere per riaprire le fabbriche il prima possibile, con l’altissimo numero di richieste di cassa integrazione – a Bergamo 9.500 richieste che coinvolgono 165mila lavoratori, più della metà dei dipendenti del settore privato nell’intera provincia – qualcuno inizia a denunciare il rischio che qualche impresa ci marci: come la 2i Rete Gas che ha chiesto la «cassa» nonostante la distribuzione del metano sia un servizio essenziale e «contemporaneamente esternalizza servizi e attività», come denunciano Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec in Sicilia.

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