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Turchia, giudice sequestrato. Nel blitz per liberarlo viene ucciso

Turchia, giudice sequestrato. Nel blitz per liberarlo viene uccisoI momenti che hanno preceduto il raid per liberare il giudice turco – Lapresse

Turchia Uccisi l'ostaggio e i tre sequestratori. Il magistrato indagava sulla morte di un ragazzo ucciso durante le manifestazioni di Gezi Park

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 1 aprile 2015
Fazila Mat ISTANBUL

Ultim’ora: secondo quanto comunicato dall’ospedale, il giudice rapito ieri, dopo la liberazione avvenuta grazie ad un blitz della polizia turca, è morto in seguito al ferimento subito durante l’operazione.

Un blackout come non se ne vedevano da almeno 15 anni in Turchia. La mancanza di energia elettrica ha colpito ieri – fin dalla mattinata – almeno 80 province, tra cui città importanti come Istanbul, Ankara e Izmir.

Persone intrappolata nei mezzi di trasporto, traffico bloccato, internet interrotto. Poi, solo qualche ora più tardi, la notizia del sequestro di un procuratore della Repubblica da parte di persone armate che hanno rivendicato l’appartenenza al Dhkp-c, un gruppo di estrema sinistra considerato illegale in Turchia.

Il gruppo, secondo quanto ha dichiarato in esclusiva un giornalista del quotidiano Radikal , sarebbe riuscito ad entrare nel Tribunale di Çalayan di Istanbul «senza fatica», riuscendo a portare all’interno le proprie armi.

Gli spari provenienti dalla stanza del magistrato hanno finito per lanciare l’allarme, facendo sopraggiungere le forze speciali della polizia che hanno immediatamente evacuato l’edificio.

Verso le 14 del pomeriggio di ieri i sequestratori, dopo aver pubblicato dall’account HalknSesiTV su Facebook e Twitter la foto del procuratore, hanno diffuso anche due registrazioni audio per comunicare le proprie richieste, minacciando di uccidere il magistrato nel giro di un’ora, nel caso le istanze non fossero state accettate.

La scadenza concessa dal gruppo è stata poi protratta, quando sono iniziate le trattative – i membri del Dhkp-c hanno chiesto espressamente di parlare con una delegazione al cui interno ci fossero Sezgin Tanrkulu, deputato del Partito repubblicano del popolo (Chp), e il presidente dell’Ordine degli avvocati di Istanbul Ümit Kocasakal.

Il pm Selim Kiraz, dallo scorso settembre, aveva assunto l’incarico di indagare sulla morte di Berkin Elvan, la più giovane delle persone rimaste uccise durante le manifestazioni di Gezi Park del giugno 2013.

Il quattordicenne ferito alla testa dal candelotto di un lacrimogeno lanciato dalla polizia, ha perso la vita un anno fa, mentre le indagini sui poliziotti responsabili dell’accaduto non hanno finora raggiunto alcun esito.
Kiraz è il quinto procuratore cui era stato assegnato il caso di Elvan, e stava seguendo anche numerosi altri processi riguardanti persone rimaste ferite negli scontri con la polizia.

Inoltre, era stato proprio Kiraz a restringere l’ambito dell’inchiesta da 21 a tre poliziotti, presumibilmente responsabili dell’accaduto, facendo effettuare alla scientifica degli accertamenti sulle immagini che li ritraggono durante gli scontri.

La richiesta principale dei sequestratori riguardava proprio questi tre poliziotti: «Chiediamo che si auto-denuncino in diretta. Anche i membri della delegazione con cui stiamo trattando confermano che questi agenti sono colpevoli al 99%», hanno dichiarato al telefono i membri del gruppo al giornalista Ahmet k del quotidiano Cumhuriyet, una delle poche testate che hanno continuato a diffondere gli sviluppi della vicenda nonostante il divieto di stampa imposto dalle autorità già a partire dalle 16.

«I responsabili dell’omicidio di Elvan erano già noti ma fino ad oggi non è stato fatto niente. Dopo l’iniziativa che abbiamo preso verranno processati. Si conoscevano anche i responsabili delle morti di Ali Ismail Korkmaz e Ethem Sarisülük (altri giovani uccisi durante Gezi Park dalla polizia, ndr.) ma sappiamo tutti come si sono conclusi i processi. Gli assassini non ricevono mai le pene dovute.
Per questo chiediamo che gli assassini vengano processati nei tribunali del popolo. E questa e la nostra seconda richiesta».

E se le richieste non verranno accolte? «Faremo quello che abbiamo detto all’inizio. Ora stiamo per iniziare una nuova trattativa e concediamo ancora una mezz’ora. Se non ammetteranno la loro colpevolezza in diretta finiranno le comunicazioni telefoniche e puniremo il procuratore».

Sono le loro ultime parole. Poco dopo le 20.30 (ore locali) si scatena l’inferno nel «tribunale più grande d’Europa». Parte una sparatoria e i tre giovani vengono uccisi, mentre il procuratore viene ricoverato in ospedale, ferito.

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