Dopo l’ubriacatura democratica del post-rivoluzione, è la saga fra il magnate Nabil Karoui e l’ultraconservatore Kais Saied a smuovere (e monopolizzare) le acque paludose della politica tunisina, tra mulinelli di astensione e confusione. Nel giorno delle legislative e a un passo dal ballottaggio del 13, c’è infatti poca chiarezza sui programmi e poca volontà da parte dei tunisini di andare ad approfondire quanto proposto da ciascun candidato. Ma soprattutto c’è l’intenzione di lasciar affogare in quella palude in cui il dibattito politico del Paese nordafricano è sprofondato diritti, libertà e dignità, in cambio di un immaginifico «Stato forte». Una sorta...