Ma dico io, sulla scheda c’erano simboli per tutti gusti: fascisti, comunisti, democratici, sovranisti, liberali, populisti… eppure, con 6 schede elettorali su 10 gli italiani ci hanno incartato il pesce. Per colpa dei pensionati che ancora rimpiangono il vecchio Papi? (non dico Silvio che quello, menomale, sempre c’è, dico il Partito Autonomo Pensionati Italiani di una volta); per colpa dei giovani che magari preferirebbero seguire Marco Cappato? (non dico in Svizzera, ma sull’introduzione del voto on-line); sia come sia la canzone oggi più cantata sotto la doccia non è «Due vite» di Mengoni ma il mio «Astensioni» che Amadeus ha scartato perché secondo lui era uguale a «Emozioni» di Mogol&Battisti.

Invece no, il testo è diverso.

ASTENSIONI (Caria/Battisti)
Entrar col para-occhi dentro a un seggio elettorale/ e poi
ritrovarsi a votare
e stringere infelice una matita/ e poi provare
un sottile dispiacere,
e di notte/ pensare che il tuo voto sia servito ad ingrassare
chi dà sòle a non finire,
domandarsi quant’è/ che ci costa un deputato/ o un senatore
magari pure/ di mafia in odore.
Mentre io mi faccio il mazzo/ sti serpenti col mio voto/ ci si nettano il sedere
non e poi/ così difficile a capire,
allora non mi resta che affermare/ qualcosa che/ è dentro me
ma nella mente tua non c’è…
tu fatti i cazzi tuoi/ e chiamale se vuoi/… astensioni.
Se metto insieme il pranzo con la cena, il resto/ non mi frega un casso
per me chi vota è un fesso,
parlar del più e del meno con un evasore/ per ore ed ore
e non capir che quello/ vota Berluscone,
veder privatizzar la sanità dal capo della croce rossa
e nasconder la testa in una fossa,
prendere a pugni un benzinaio/ perché è stato un po’ scortese
sapendo che quel che brucia/ sono le accise,
chiudère entrambi gli occhi e non fermare/ qualcosa che/ governa me
ma io faccio finta che non c’è,
capire tu non puoi/tu chiamale se vuoi/ … astensioni.