Internazionale

Ttip all’arrembaggio, dodicesimo round

Commercio mondiale Riprende il negoziato Ue-Usa, per la liberalizzazione degli scambi in tutti i settori. Sul tavolo gli scogli dell'agricoltura, della minaccia di esplosione dei servizi pubblici e dei tribunali arbitrali privati

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 23 febbraio 2016

La Ue è a pezzi sul fronte dei rifugiati, minacciata di progressivo disfacimento tra ritorno delle frontiere e ricatti sul modello del Brexit. Ma il core business continua. Ieri, si è aperto il dodicesimo round dei negoziati con gli Usa, in vista del mega-accordo Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership), Tafta per i detrattori, che dovrebbe concludersi con il più grande trattato commerciale mondiale, 850 milioni di “consumatori” (che sono anche cittadini, ma questo passa in seconda posizione), 40% del pil della terra. Il round durerà fino a giovedi’. L’opacità continua a dominare e in Europa ci sono deputati che hanno definito una “farsa” l’ “apertura” della commissaria al commercio, Cecilia Malmström, che ha permesso delle “reading room” per i parlamentari, dove sulla carta è possibile consultare parte della documentazione (di quella prodotta da Bruxelles, perché la parte Usa mantiene molti aspetti segreti, anche se aveva aperto delle sale blindate nelle ambasciate per i parlamentari), ferma restando una stretta sorveglianza da parte dei governi e con l’impegno di non fare rivelazioni ai cittadini.

Il Ttip dovrebbe abbattere le barriere doganali che ancora sussistono tra Usa e Ue, mettere a punto regole comuni e stabilire i termini di una cooperazione settore per settore. E’ questo terzo punto ad essere uno dei temi del round di questa settimana. Domenica, il commissario agli Affari economici e finanziari, Pierre Moscovici, ha assicurato agli agricoltori francesi, che sono sul piede di guerra e in questi giorni moltiplicano le proteste, che l’accordo potrà essere concluso solo se “sarà favorevole all’agricoltura europea”. L’altro tema controverso sul tavolo questa settimana sono i tribunali arbitrali, l’Isds (Investor-State Dispute Settlement), cioè una giustizia parallela destinata ad essere un’arma nelle mani delle multinazionali per dirimere eventuali conflitti con gli stati (dove, stando alla stesura attuale, solo le multinazionali possono denunciare gli stati e non vice-versa). Per la prima volta da quando sono iniziati i negoziati, nel 2013, dovrebbe venire discussa l’ultima proposta della Ue sugli Isds: creare una corte permanente, con dei giudici indipendenti. Nel luglio scorso, l’Europarlamento ha adottato una risoluzione che chiede di “sostituire l’Isds con un altro sistema per risovere i conflitti tra investitori e stati”. Gli Usa hanno già fatto sapere di non essere d’accordo. Washington, come le grandi imprese statunitensi (ma anche europee, la proposta è criticata da BusinessEurope, la più importante lobby del mondo degli affari), respingono l’idea che siano gli stati a scegliere i giudici e pretendono che l’ultima parola spetti agli investitori. I tribunali arbitrali, accettati in altri trattati internazionali come il Ttp (Trans-Pacific Partnership), stanno prendendo una crescente importanza nel mondo degli affari (Parigi è diventata una capitale di queste sentenze “private”, con una proliferazione di studi specializzati di avvocati internazionali).

Contro il Ttip c’è una petizione firmata da più di 3 milioni di cittadini europei. In Europa cresce l’inquietudine verso un negoziato opaco, che potrebbe poi non avere l’effetto economico promesso: si parla di un impatto intorno ai 119 miliardi per la Ue, di qui al 2027. Molti settori, a cominciare da quello agricolo, temono di perderci di fronte all’accresciuta concorrenza Usa. Anche le barriere sanitarie e ambientali salterebbero (Ogm, prodotti al cloro ecc.). I servizi pubblici sono nel mirino di questo accordo liberista: la Ue ha abbandonato il principio della “lista positiva” (lista dei servizi aperti alla liberalizzazione) e ormai da più di un anno ha adottato il principio statunitense della “lista negativa” per escludere dei settori dalla liberalizzazione (se “dimentica” qualcosa, per esempio i servizi infermieristici, questi possono essere liberalizzati).

 

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