Tsipras, sì al congresso Syriza verso la scissione
Grecia Clima di spaccatura imminente al Comitato Centrale, ma gli schieramenti sembrano voler evitare la responsabilità della divisione
Grecia Clima di spaccatura imminente al Comitato Centrale, ma gli schieramenti sembrano voler evitare la responsabilità della divisione
Uno psicodramma andato avanti fino alle prime ore del mattino, con accuse reciproche, toni alti e le dimissioni di un nutrito gruppo di dirigenti. Un’atmosfera da scissione imminente ha caratterizzato la riunione del Comitato Centrale di Syriza che si è tenuto giovedì fino alle prime ore di ieri. Con l’impressione che l’unica preoccupazione dei due schieramenti fosse quella di evitare di assumere la responsabilità della scissione.
Alla fine Tsipras è riuscito a far passare con larga maggioranza la sua proposta di un congresso straordinario da tenersi al più presto, già a settembre, e con nuovi delegati, in rappresentanza delle «nuove forze sociali» che hanno affiancato il partito nella sua marcia verso il governo. Il presidente del partito aveva anche proposto un referendum interno da tenersi tra una settimana, ma l’assise ha lasciato cadere la proposta.
Un comunicato della Piattaforma di Sinistra ha ribadito l’esigenza di convocare il «congresso permanente», composto dai delegati di quello di fondazione del 2013 ed «è quindi l’istanza collettiva più adeguata per garantire il percorso anti-austerità e la radicalità del partito e la sua unità». Gli oppositori hanno contestato anche i tempi del congresso straordinario «che non avrà alcun senso», visto che durante l’estate sarà approvato in Parlamento «il nuovo accordo di austerità».
Nella sua relazione il premier greco si era concentrato su quello che da giorni ritiene essere il punto centrale dell’azione di Syriza: non provocare una crisi di governo e non facilitare il progetto della destra, interna ed europea, di ridurre il suo governo una mera «parentesi».
La sinistra è l’unica forza in grado di gestire questo «compromesso doloroso» nella maniera il più possibile «favorevole agli interessi popolari», mentre si sta già prefigurando in ambito europeo «un ambiente più positivo verso le posizioni di Atene» man mano che si sviluppa il dibattito sulle responsabilità tedesche nella crisi.
Ma il clima è stato conflittuale fin dall’inizio. Diciassette membri del Comitato Centrale, tra i quali anche tre deputati, tutti appartenenti alla corrente interna dell’Organizzazione Comunista Greca, si sono dimessi, firmando un documento con cui già si pongono con un piede fuori dal partito.
Il leader del gruppo, Rudy Rinaldi, si era già dimesso qualche giorno fa anche dalla Segreteria Politica, organo dal quale si è dimesso ieri un altro membro, l’editore Loukas Axelos.
L’opposizione interna non ha evitato di usare espressioni forti e perfino attacchi personali verso il premier: «Tu ci hai portato a questo punto, tu devi tirarci fuori», ha gridato a Tsipras un congressista: «Prima di diventare lotofagi è bene ricordare perché siamo stati eletti», visto che «coloro che ci ricattano ci hanno anche insegnato come si usa l’arma del ricatto».
Un’altra militante, Elena Patrikiou, ha fatto sfoggio di retorica rivoluzionaria: «Nessuno ci ha messi con nomina diretta nelle barricate della rivoluzione e nessuno ci può licenziare», tanto meno «il gruppo narcisista e vuoto del governo che in soli sei mesi ha dimostrato tutta la sua nudità politica».
Più seriamente, il leader dell’opposizione Lafazanis ha sottolineato la gravità della situazione che si è creata con l’accordo con i creditori del 12 luglio: «Possiamo governare? Possiamo applicare il nostro programma? La risposta è no. Non c’è più democrazia in questo paese. Il regime è diventato una dittatura, con pieni poteri all’eurozona».
Ha insistito sulla possibilità di trovare «un’altra soluzione» che però la maggioranza «considera un mito, perché non si mai voluto discuterne, non è stata mai presa in considerazione».
Il vicepresidente del consiglio Yannis Dragasakis ha parlato di «rifondazione di Syriza» per evitare «tanti piccoli partiti dentro il partito». Contro il governo greco è stata condotta una «guerra asimmetrica basata principalmente sulla fuga dei capitali dalle banche» e questo ha posto l’esecutivo di fronte al problema di come «come garantire, in caso di frattura, il finanziamento dei beni essenziali per la sopravvivenza del popolo greco».
Anche il caso Varoufakis è stato oggetto di scontro. Per gli oppositori l’ex ministro è stato l’unico a progettare «un’alternativa alla dittatura dell’euro» ma Tsipras non gli ha permesso di portarla avanti. Di contro, il presidente del gruppo parlamentare Nikos Filis ha accusato l’economista: «Piano B segreto equivale a golpe», ci vuole una «corte speciale».
Del tutto diversi i toni usati dallo stesso premier ieri mattina in Parlamento, rispondendo alle interrogazioni dell’opposizione proprio sul «piano segreto» di Varoufakis. Tsipras ha pienamente difeso il suo ex ministro e ha rivendicato la responsabilità di avergli egli stesso affidato il compito di elaborare un piano non per l’uscita dall’eurozona ma per affrontare i problemi di liquidità: «Avreste dovuto accusarmi nel caso non mi fossi preparato per questa eventualità.
Potete accusare Varoufakis per i suoi errori, per le sue tante dichiarazioni, per le sue camice stravaganti, ma non lo potete accusare di essere una persona disonesta, come il suo predecessore Hardouvelis che ha portato capitali all’estero o come Venizelos che ha nascosto i nomi dei grandi evasori fiscali».
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