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Tsipras ha perso, la stampa italiana ha vinto

Tsipras ha perso, la stampa italiana ha vintoMerkel e Tsipras a Bruxelles – European Union

Voi che manifestate al freddo e al gelo con il manifesto in tasca, state facendo un grosso errore. State sprecando tempo, e forse anche denaro, inutilmente. La causa è persa, […]

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 14 febbraio 2015

Voi che manifestate al freddo e al gelo con il manifesto in tasca, state facendo un grosso errore. State sprecando tempo, e forse anche denaro, inutilmente. La causa è persa, la guerra è finita. Alexis Tsipras ha ceduto, si è arreso alle potentissime forze della finanza, quelle stesse che tengono in ostaggio da più di un anno il presidente del consiglio italiano.

Il sogno di un ribaltamento della realtà economica dell’eurozona è ormai tramontato sotto i colpi implacabili della realtà. Bisogna ammetterlo: non c’è altra strada.

Basta leggere con attenzione la stampa italiana di questi giorni e si capisce che per la Grecia non c’è, non c’è mai stata, alcuna speranza. Le cose vanno dette: ieri l’autorevole Corriere della Sera ha dato una grande lezione di giornalismo a tutti noi. In prima pagina il titolo diceva «Tsipras: accetto le regole UE». Eh sì, cari lettori, queste sono vere notizie: il populista antieuropeo alla fine si è convertito e ha visto la luce. Sotto il titolo il pezzo iniziava così «Berlino apre sul caso greco». Ovviamente, il pezzo dice il falso, la verità sta nel titolo.

Il nostro eroe è stato costretto a capitolare e ad accettare le terribili «regole UE», quelle su cui si fonda, per capirci. Tu, ingenuo lettore, credi che parlino di libertà, democrazia e solidarietà ed ecco cosa si impara a non leggere Il Corriere. Le regole fondative dell’Unione europea, quelle che Alexis Tsipras ha appena accettato, dicono tutt’altro: che i debiti debbono essere pagati per intero, che siamo nati per soffrire, che i poveri devono diventare sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi e che lo stato sociale costa troppo.

D’altronde, il giovane premier greco era veramente con le spalle al muro. Lo ha rivelato la Repubblica due giorni fa con uno scoop «mondiale»: le casse di Atene possono reggere appena due settimane, non di più. Dal primo marzo niente più stipendi né pensioni. Ma come si è saputa questa sconvolgente notizia? Da «fonti convergenti di Atene e Bruxelles», vi si legge. Autorevolissime ma anonime. Questo ovviamente non ha impedito ad altri accortissimi organi di stampa di riprendere l’esclusiva repubblicana e riprodurla.

Sulle fonti di Bruxelles non c’è bisogno di dilungarsi, le conosciamo tutti. Sarebbe invece interessante sapere di più sulle fonti di Atene. Il lettore del manifesto, che è stato educato nel sospetto stalinista, magari le assocerà ai personaggi che sono stati ospitati sulla stampa italiana durante il periodo preelettorale. Eccoli. Tutti esponenti di spicco della «nuova» classe dirigente, la cui parola conta: l’ex ministra ed ex commissaria europea Anna Diamantopoulou, fuori dalla politica dal 2012, l’ex premier George Papandreou, fuori dal Parlamento, l’ex ministra del Turismo Olga Kefalogianni, bella donna, il presidente dimesso del Pasok Evangelos Venizelos. Magari però sono fonti ancora più prestigiose: l’ufficio stampa di Nuova Democrazia, il governatore della Banca di Grecia Yannis Stournaras oppure il suo successore al ministero delle Finanze greco Ghikas Hardouvelis, un banchiere desaparecido dal 26 gennaio.

Ma molto probabilmente la fonte misteriosa di Repubblica è l’ex ministro della Salute Adonis Georgiadis, prestigioso editore di pamphlet antisemiti, che invitava i greci a ritirare i risparmi dalle banche. Sfortunatamente, i greci non hanno dato ascolto a Georgiadis, forse perché lo conoscono, ma lo scenario dell’assalto agli sportelli è molto piaciuto alla stampa mainstream (come diciamo noi in Tracia) di questo paese.

Ma questi sono dettagli. La notizia vera è che Tsipras e Varoufakis hanno ammesso pubblicamente che sono pronti ad accogliere il 70% delle imposizioni della troika in cambio dei famosi 7,5 miliardi. Il governo greco ha accettato quelle più impegnative e ha fatto marcia indietro su quelle meno impegnative, giusto per non fare brutta figura di fronte al suo elettorato. Tsipras finalmente «è diventato adulto», come argutamente ha sottolineato il socialista Martin Schulz: una volta al governo, solo i bambini fanno quello che avevano promesso prima del voto.

In altre parole, Atene ha detto di no a quisquilie del tipo: nuovi aumenti dell’Iva, nuovi tagli alle indennità e alle pensioni, permettere licenziamenti in massa, restrizioni all’attività sindacale. Ha accettato invece obtorto collo di combattere l’evasione fiscale, facilitare la creazione di nuove imprese, riformare l’amministrazione pubblica, rivedere il codice deontologico delle banche, aggravare le pene per l’evasione fiscale, imporre una legislazione antimonopolista e in favore della concorrenza.

Come avrete capito, l’austerità è finita, si parla di riforme vere e di sviluppo: tutte misure che vanno nella direzione contraria alle demagogiche promesse preelettorali di Tsipras. Che sarebbe dunque un uomo distrutto, un leader in rapido declino, sostenuto da appena il 72% dei suoi concittadini.

In questa nuova situazione, con Syriza pronta ad aderire al Ppe, forse ci sono speranze di convincere anche il severissimo articolista che su Il Foglio di ieri sentenziava: «Come si fa a tenere dentro l’eurozona un paese che prima è entrato falsificando i conti, ora fa di tutto per dimostrare di non riconoscere gli impegni e neppure di conoscere le regole di convivenza nel gruppo?». La risposta, per l’articolista, è ovvia: bisogna buttare fuori la Grecia di Tsipras «per fare chiarezza». Draghi si è fatto subito tradurre l’articolo in italiano per studiarlo.

In conclusione, caro lettore manifestante, la situazione è disperata, non hai alcuna speranza. Arrenditi al genio della grande stampa di questo paese. E forse ti permetteranno di vedere San Remo.

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