Trump prepara la guerra, l’Iran l’uscita dal Jcpoa
Golfo Il presidente iraniano Rohani batte il pugno sul tavolo di fronte alle accuse americane all'Iran. Se il mondo non interverrà, lascia capire, l'uscita del suo paese dall'accordo sul nucleare sarà inevitabile.
Golfo Il presidente iraniano Rohani batte il pugno sul tavolo di fronte alle accuse americane all'Iran. Se il mondo non interverrà, lascia capire, l'uscita del suo paese dall'accordo sul nucleare sarà inevitabile.
Alza la voce il presidente iraniano Hassan Rohani. Non può far altro di fronte alle sanzioni economiche americane e alle accuse, senza prove, di Donald Trump e del segretario di Stato Mike Pompeo all’Iran di aver compiuto per due volte, il mese scorso e qualche giorno fa, attacchi a petroliere mettendo a rischio una porzione significativa dei rifornimenti di petrolio. Rohani probabilmente si rende conto che andare al muro contro muro fa il gioco dei nemici del suo paese ma non può non avvicinarsi alle posizioni rigide della guida suprema Ali Khamenei e dei falchi che non hanno mai creduto all’utilità della firma nel 2015 con gli Stati uniti e l’Europa dell’accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa).
«Siamo tutti consapevoli del ruolo delle politiche dell’Amministrazione Usa nel destabilizzare i Paesi della regione», ha protestato ieri Rohani intervenendo alla “Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia” (Cica) in corso a Dushanbe. «Per un livello accettabile di pace, stabilità e sviluppo – ha aggiunto – è necessario puntare sullo sviluppo della cooperazione regionale e del dialogo». Infine ha ribadito che l’Iran è «un attore chiave nella regione» e punta «sulla cooperazione, sull’individuazione di strategie per raggiungere obiettivi e benefici comuni». Parole indirizzate all’Europa. Tehran sa che alcuni paesi – Germania, Francia e Gran Bretagna – possono arginare l’aggressività dell’Amministrazione Trump e impedire una nuova guerra nel Golfo. In questi giorni, alternando toni duri ad altri più concilianti, Rohani non manca di ricordare che a luglio scadrà l’ultimatum lanciato dal suo paese per vedere in azione “Instex”, il sistema con cui l’Europa afferma di poter aggirare le sanzioni americane e di poter continuare ad avere relazioni economiche con l’Iran. Altrimenti il suo paese, poco alla volta, uscirà dal Jcpoa di cui gli Usa dal 2018 non sono più parte.
Dell’accordo del 2015 e dei preoccupanti sviluppi in Medio oriente e nel Golfo hanno parlato ieri a Tehran il segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna, Helga Schmid, e il numero due della diplomazia iraniana, Abbas Araqchi. Tema centrale Instex e il futuro del Jcpoa. Tehran, che ha già sospeso alcuni dei suoi impegni, continua a non fidarsi dell’Europa dove i segnali di vicinanza a Trump e alla sua politica anti-iraniana non mancano. Giungono soprattutto dal governo britannico. Tanto che il leader laburista Corbyn è dovuto intervenire con forza per ammonire il governo dall’alimentare le tensioni nel Golfo accusando senza prove, come fa Trump, l’Iran dell’ultimo presunto attacco a due petroliere nel Golfo di Oman.
La corsa verso la nuova guerra in ogni caso è cominciata. Il segretario alla Difesa Patrick Shanahan ha fatto sapere di essere impegnato, assieme al Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e al segretario di Stato Mike Pompeo, a costruire un ampio consenso internazionale contro l’Iran. Poi la parola potrebbe passare alle armi.
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