Il prolungarsi della penuria di vaccini fomenta le divisioni tra paesi della Ue. In una lettera ai presidenti di Commissione e Consiglio, Ursula von der Leyen e Charles Michel, ieri cinque paesi Ue hanno denunciato «forti disparità» nella distribuzione delle dosi, negoziate collettivamente da Bruxelles per i 27. Austria, Repubblica ceca, Slovenia, Bulgaria e Lettonia chiedono la convocazione di un vertice straordinario per discutere la questione.

Il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ha evocato l’esistenza di «contratti» segreti tra alcuni paesi – che però non ha citato – e delle case farmaceutiche, per essere meglio serviti. La Commissione ha reagito ricordando che un Consiglio europeo è previsto per il 25 e 26 marzo, con la questione dei vaccini in testa all’agenda. Kurz ha rilanciato la polemica su eventuali accordi di alcuni stati, a latere delle trattative di Bruxelles a nome di tutti: mesi fa, c’erano stati sospetti di mosse della Germania, grazie al fatto che BionTech è un laboratorio tedesco. Berlino aveva smentito.

Se i grandi paesi hanno acquistato più dosi di quelle che erano a loro destinate nella ripartizione decisa da Bruxelles sulla base del numero di abitanti, lo hanno fatto legalmente comprando i «resti» dei vaccini che alcuni stati hanno rinunciato a ordinare (è successo che alcuni paesi, per difficoltà logistiche, abbiano ridotto le ordinazioni del Pfizer e di Moderna, difficili da conservare e spostare).

Tra i firmatari della lettera, la Bulgaria e la Slovenia sono molto in ritardo nella somministrazione dei vaccini ordinati, in particolare per l’AstraZeneca. Altri paesi, Danimarca e Belgio oltre a Norvegia e Islanda (che non sono nella Ue) hanno sospeso per precauzione le vaccinazioni con l’AstraZeneca. In altri paesi, in Francia o in Germania, cresce la reticenza tra i cittadini verso questo prodotto, dopo i sospetti su eventuali effetti negativi. L’Ema esclude inconvenienti: ha valutato 30 casi di trombosi su 5 milioni di vaccinati con l’AstraZeneca, una cifra «non superiore a casi abitualmente osservati nella popolazione generale».

AstraZeneca preoccupa i governi anche perché non rispetta gli impegni presi sulle consegne. In un comunicato, la casa farmaceutica si è detta «rattristata» per non poter consegnare le dosi previste alla Ue: entro fine marzo ne saranno distribuite solo 30 milioni di dosi, mentre il presidente Pascal Soriot solo qualche settimana fa aveva assicurato che sarebbero state almeno 40, una cifra già molto in ribasso rispetto agli impegni, all’inizio erano 300 milioni di dosi, poi ridotte a 100 per il primo semestre 2021. Ma adesso risulta che i 100 milioni di dosi non arriveranno nella Ue entro fine giugno. Il commissario all’Industria, il «signor vaccino» della Ue Thierry Breton, ha protestato giovedì: «Vedo sforzi, ma non i migliori sforzi», come aveva promesso Soriot, richiamato all’ordine da Bruxelles. AstraZeneca evoca problemi di calo di rendimento per un produttore in Belgio, Novosept, che lavora in subappalto. AstraZeneca si giustifica anche con il blocco delle esportazioni: 10 milioni di dosi destinate alla Ue non potranno essere esportate nel primo semestre di quest’anno, a causa degli Usa, dove AstraZeneca tarda a presentare la domanda per un’autorizzazione d’emergenza e dove l’amministrazione Biden non ha fretta di togliere gli ostacoli all’export.

Nella Ue, quindi, la penuria di prolunga. Lo sblocco non sarà definitivo neppure con lo Jenssen (Johnson&Johnson, Usa), il quarto vaccino ormai autorizzato dall’Ema, anche in questo caso per ritardi e imbuti nella produzione, aggravati dai blocchi all’export. Nei paesi che accettano il russo Sputnik V (non ancora autorizzato dall’Ema) la percentuale di vaccinati con questo prodotto resta marginale.