Tripoli, il governo islamista all’Italia: «Collaboriamo»
Tripoli esce allo scoperto. Mentre si susseguono le voci di possibili attacchi mirati – forse approvati dal Consiglio Ue sull’immigrazione di oggi, convocato in seguito alla terribile strage del barcone […]
Tripoli esce allo scoperto. Mentre si susseguono le voci di possibili attacchi mirati – forse approvati dal Consiglio Ue sull’immigrazione di oggi, convocato in seguito alla terribile strage del barcone […]
Tripoli esce allo scoperto. Mentre si susseguono le voci di possibili attacchi mirati – forse approvati dal Consiglio Ue sull’immigrazione di oggi, convocato in seguito alla terribile strage del barcone partito da Sebrata – il parlamento islamista fa sentire la sua voce. «L’Italia deve cooperare con noi, siamo pronti», si legge in una nota. La Fratellanza libica, appoggiata dalle milizie Scudo di Misurata e dal Qatar, va all’attacco per mettere all’angolo Haftar e il suo parlamento, ormeggiato a Tobruk. Per mostrare quanto tutto sia sotto controllo, almeno in Tripolitania, il cartello dei miliziani Fajr (Alba), che difende la legittimità del parlamento tripolino, decaduto da un anno ma asserragliato nella capitale, assicura di «continuare a pattugliare le coste» e di tenere sotto controllo i flussi migratori.
Dichiarazioni davvero inquietanti se si considera che gli sbarchi in Sicilia non si sono di certo fermati dopo l’ultima strage, costata la vita a centinaia di profughi. Contrabbandieri e miliziani continuano a gestire gli imbarchi su mezzi di fortuna. Secondo il parlamento di Tripoli a mettere a soqquadro l’area occidentale di Tripoli, da dove sono partiti i barconi nelle ultime ore, sono i Zintani e i miliziani dell’operazione Dignità (Karama) che ormai da un anno attaccano la capitale libica ma sono costretti a ritiri strategici perché militarmente deboli.
Il portavoce del parlamento di Tripoli, Alaa Lehweik ha aggiunto che a tentare di destabilizzare la capitale libica non sono mai truppe regolari, come la propaganda saudita, dell’egiziano al-Sisi e del suo alleato Haftar vogliono far credere contribuendo per mesi a definire «legittimo» il parlamento cirenaico, eletto in fretta e furia da una piccola minoranza di libici, ma «criminali comuni», «trafficanti di droga» e «ricercati». I militari vicini agli islamisti e il cartello Fajr avrebbero poi lanciato nelle ultime ore intensi sforzi per riportare alla normalità la regione di Warshefenna, consentendo agli sfollati di tornare a casa.
Neppure gli uomini di Fajr negano che Haftar continui ad effettuare operazioni militari: l’ultima si è registrata a Derna, secondo la stampa di Bengasi. In verità i legami tra Stato islamico (Is) e miliziani di Haftar sono molto ambigui: la certezza è che ogni offensiva dell’ex agente Cia coincide con attacchi su larga scala dei jihadisti e con il rinnovato sostegno militare egiziano e saudita. Il governo di Tripoli ha mostrato l’intenzione di arrivare ad un’intesa in sede negoziale, nei colloqui in corso in Marocco con la mediazione Onu. Il tentativo di formazione di un governo di unità nazionale è stato costantemente boicottato invece dall’esercito di Bengasi che ha continuato a bombardare senza tregua la capitale libica e il suo aeroporto proprio mentre i diplomatici confermavano il cessate il fuoco. La Fratellanza, con l’aiuto dei miliziani di Misurata, continua infine a controllare il centro urbano di Sirte più volte preso di mira dai jihadisti ma poi liberato, non senza colpi di coda dei sedicenti Is, dal cartello Fajr. È il caos. E ora l’Europa, che annuncia attacchi mirati, potrebbe solo mirare nella direzione sbagliata, esacerbando lo scontro tra fazioni già così aspro e inarrestabile.
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