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Triplice attacco a Mogadiscio

Triplice attacco a MogadiscioDavanti all'hotel dove è avvenuta l'esplosione – Reuters

Somalia Rivendicazione del gruppo Al Shabaab: «L’obiettivo erano i funzionari dello spionaggio»

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 3 gennaio 2014
Rita PlanteraCape Town

Non c’è tregua agli attacchi di Al Shabaab nella capitale somala. Con un comunicato rilasciato dal suo portavoce, Ali Mohamud Rage, il gruppo al-qaedista ha rivendicato ieri il triplice attacco dinamitardo di due giorni fa al Jazira hotel di Mogadiscio – non lontano dall’aeroporto e dal quartier generale dell’ONU – lo stesso hotel, frequentato da funzionari governativi e da stranieri, colpito da un attacco kamikaze a settembre 2012 mentre il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud a due giorni dalla nomina stava tenendo una conferenza stampa.
«Al Shabaab assume la piena responsabilità per l’attacco che aveva come obiettivo una riunione di alti funzionari dell’intelligence a Mogadiscio. Gli apostati sono gli occhi e le orecchie degli invasori e questi attacchi servono come una meritata punizione per il loro ruolo nel guidare e assistere le forze d’invasione nella loro crociata. Il destino di stranieri e mercenari locali rimarrà lo stesso fino a quando non lasceranno il Paese…non avranno alcun rifugio sicuro in Somalia».
Tre bombe esplose nel giro di un’ora davanti all’entrata principale, le prime due in rapida successione seguite dagli scontri a fuoco tra le forze di sicurezza e gli attentatori nei quali sono rimaste uccise almeno cinque persone. Mentre la terza è esplosa all’interno di una macchina quando erano in corso le ricerche dei militari. Il bilancio provvisorio è di almeno 11 morti – tra cui anche civili – secondo quanto riportato dal portavoce della polizia somala il generale Mohamed Yusuf Omar Madale e di 40 feriti. Nel 2013 Al Shabaab si è reso responsabile di una media di circa un attacco ogni sei o otto settimane tra cui l’assedio di settembre al Westgate di Nairobi che ha fatto almeno 67 vittime.
Il mese scorso a Mogadiscio un altro attentato in un hotel ha lasciato cinque morti e almeno 15 feriti mentre un’autobomba è esplosa l’8 novembre davanti all’Hotel Makkah Al- Mukarama e la scorsa settimana almeno 11 persone sono state uccise da una bomba telecomandata in un ristorante.
L’attacco all’hotel Jazira non fa che aumentare i timori dei Paesi limitrofi che la Somalia possa scivolare di nuovo nell’anarchia se i recenti successi militari contro Al Shabaab non vengono consolidati e crea non poco imbarazzo al governo, la cui sopravvivenza dipende dai circa 18 mila soldati delle forze di pace africane e dai donatori che ogni anno versano centinaia di milioni di dollari per garantire a questo Paese del Corno d’Africa dalla storia dannata, i servizi di base. Oltre all’intelligence dei governi più forti, per scongiurare che il gruppo riconquisti terreno diventando il principale attrattore in Africa per gli altri gruppi jihadisti e stringa alleanze con le cellule di Al Qaeda nello Yemen, da cui lo separa solo lo stretto Golfo di Aden, o potenzialmente quelle con Al -Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM ) e Boko Haram. Risorto come l’araba fenice dopo la ritirata del 2011 dalle aree urbane cui l’avevano costretto i contingenti africani per riversarsi in quelle rurali, Al Shabaab con una serie di attacchi devastanti contro obiettivi stranieri e governativi continua a frantumare le speranze di una rinascita per un Paese devastato da decenni di guerra e a ridicolizzare i recenti successi militari delle truppe dell’Unione Africana – tra cui i grandi contingenti di Uganda, Kenya e Burundi – che non gli hanno però impedito di mantenere il controllo su una serie di importanti città della costa e nella Somalia centrale, in cui ha imposto la legge della Sharia che prevede anche la lapidazione per le donne ritenute colpevoli di adulterio e l’amputazione delle mani per chi ruba.
Inserito nelle lista delle organizzazioni terroriste straniere sia dagli Stati Uniti che dal Regno Unito, Al Shabaab continua a presentarsi come una delle maggiori minacce alla stabilità regionale non solo della Somalia ma anche del Kenya, i cui contingenti gli fanno la guerra sotto la bandiera della missione di pace africana per dividersi poi i proventi dei traffici illeciti di carbone che transitano attraverso il porto di Kismayu, maggior fonte di finanziamento per il gruppo al-qaedista somalo oltre a quelli derivanti dal traffico di avorio.

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