Incidere sulle superfici del dramma, tentare di modificare la narrazione affinché la tragedia, seppure immutabile nel suo essere cornice, non si concluda con una catastrofe ma con quella che J.R.R. Tolkien definì con un suo neologismo «eucatastrofe», congiungendo al disastro e allo sconvolgimento il prefisso «eu», che in greco significa «buono». Mutare il corso degli eventi, spesso solo in maniera parziale e prevedibile, è un’opzione diffusa nel videogame, forma del racconto per necessità e definizione interattiva; una possibilità raramente così critica e disperata come in Triangle Strategy per Nintendo Switch, gioco di tattica a turni ambientato durante una guerra fantasy di spade e magia. Un conflitto così terribile e universale nella sua lirica «manga» che ricicla con arte e amore episodi di Shakespeare, Eschilo, Martin del Trono di Spade, Code Geass e Final Fantasy Tactics.

L’eucatastrofe tolkieniana non è tuttavia un lieto fine, ma una deriva, forse solo momentanea, dalla catastrofe; il suo significato positivo è che in essa si contempla la speranza, la possibilità del bene. Così in Triangle Strategy tentiamo si seguire una strada dorata, anche quando insanguinata dal sacrificio, decidendo con riflessioni etiche e stategiche come risolvere e concludere il conflitto in una maniera che non sia la peggiore, fino a rinunciare alla guerra e alla corona, persino alla vita, per la salvezza degli afflitti.

Sviluppato dagli autori di Octopath Traveler per Square-Enix, Triangle Strategy ci pone in lande fittizie dominate da tre regni che sono metafora di tutto quello che può essere orribile nell’idea di regno: c’è Aesglast con la sua meritocrazia che alimenta invece solo soprusi sui deboli, il mistico Sabulos la cui religione non esclude un abietto schiavismo e la monarchia secolare di Glenbrock abbrutita da una strisciante corruzione. Questi tre reami torneranno a guerreggiare dopo una breve pace e il giocatore si troverà a gestire un manipolo di innumerevoli, carismatici personaggi sotto la bandiera del casato di Wohlfort, dipendente dal regno di Glenbrock prima che contorti, strabilianti intrighi sconvolgano i rapporti.

Si combattono lunghe tenzoni a turni sfruttando le abilità dei diversi personaggi ma i combattimenti non sono che un intermezzo ludico, senza dubbio appagante, ostico e appassionante dei lunghi e coinvolgenti momenti di racconto. Si tratta di una narrazione prolissa quanto epica che diviene interattiva solo quando siamo di fronte alle scelte complesse che il gioco continua a porci, mettendoci in crisi, oppure durante brevi fasi di esplorazione.

Triangle Strategy è illustrato in una miscela assai affascinante tra 2d e 3d, con i personaggi e i panorami composti da mucchietti di antichi pixel, una miscela tra vetusto e moderno già ammirata in Octopath Traveler che dimostra quanto il foto-realismo di forme e spazi non sia necessario per illuderci del «vero» in un altrove digitale e che nei videogiochi ormai non si dovrebbe considerare più la tecnologia ma lo stile artistico.

Abitato da personaggi che non si dimenticano ed elevato dalle sue critiche al presente e al passato recente non troppo dissimulate dal favoloso, Triangle Strategy è l’erede di capolavori giapponesi mai obsoleti come Tactics Ogre e Final Fantasy Tactics, riuscendo ad andare oltre al loro indiscusso valore proprio per il rapporto dialettico che instaura con la coscienza del giocatore, con la sua morale. Doloroso ma illuminante da esperire durante osceni tempi di guerra, perché tra Triangle Strategy e uno sparatutto militare alla Call of Duty, oltre alla differenza di genere e contesto, intercorre oggi lo stesso abisso filosofico che c’è tra un Orizzonti di Gloria o Apocalypse Now e Rombo di Tuono o Delta Force.