Tria: «Spread alto, così non reggiamo»
Legge di bilancio Il ministro difende la manovra ma segnala i rischi di un differenziale con i Bund troppo a lungo intorno a 300. Casalino e i tecnici del Mef? «Volgarità e minacce, non commento». M5S: «Faccia pulizia»
Legge di bilancio Il ministro difende la manovra ma segnala i rischi di un differenziale con i Bund troppo a lungo intorno a 300. Casalino e i tecnici del Mef? «Volgarità e minacce, non commento». M5S: «Faccia pulizia»
Prima di rispondere alla bocciatura di Bruxelles il ministro Tria lascia passare oltre 24 ore, ma quando parla va giù a valanga. «La lettera della commissione mi ha lasciato perplesso e un po’ sorpreso per alcune valutazioni superficiali», dichiara da Porta a Porta e aggiunge una frecciata: «Forse è stata scritta un po’ di fretta». Comunque «non c’è nessun motivo per cambiare la manovra» . Il confronto con la Ue prosegue serenamente e «anche se ci sarà la procedura d’infrazione non usciremo dall’euro». Quanto alla burrasca sui mercati «non c’è un piano B», ma il Mef tiene d’occhio la situazione ed è «in grado di fronteggiare qualsiasi cambiamento del contesto economico».
SIN QUI LA POSIZIONE del ministro non si discosta da quel che secondo ogni previsione il governo risponderà alla lettera di Dombrovskis e Moscovici, rifiutandosi di riscrivere la manovra. La nota dolente e stridente però risuona quando Tria affronta l’incubo spread. Non quello alle stelle che molti temono e qualcuno auspica ma quello al livello attuale: a cavallo dei 300 punti sino alla bocciatura, intorno ai 320, sfondati ieri, dopo la mazzata. «Non è febbre a 40 ma neppure a 37. Non lo possiamo tenere a lungo, è un problema: non per gli interessi sul debito ma per la parte più debole del sistema bancario». E’ un segnale d’allarme preciso. Il sistema bancario non reggerebbe un’impennata ulteriore dello spread, ma le piccole banche e anche qualcuna meno piccola come Mps non possono sostenere nemmeno uno stress più contenuto ma prolungato. E’ quello che aveva martedì Giorgetti. Se si dovesse arrivare a una ricapitalizzazione sarebbe un problema enorme perché le banche maggiori, Unicredit e Intesa, non hanno intenzione di far salvare dai propri correntisti quelle più piccole e più esposte e all’Europa è meglio non pensare proprio.
OGGI, DOPO LA RIUNIONE della Bce, parlerà Draghi e probabilmente affronterà anche il caso italiano. Domani arriverà il verdetto di S&P con downgrade certo e outlook negativo possibile. Tenendo conto di quel che i due passaggi possono comportare sui mercati, si capisce che la preoccupazione espressa da Tria è molto seria. In questa situazione c’è una punta di follia e totale irresponsabilità nella polemica che M5S ingaggia proprio con Tria. Colpa di un’intervista a Famiglia Cristiana, nella quale il ministro, a proposito delle famose «frasi rubate» di Casalino, risponde: «Non commento volgarità e minacce contro funzionari dello Stato». L’anatema a 5 stelle arriva immediato e brutale: «Non erano minacce ma la posizione di tutto M5S, convinto che alcuni tecnici del Mef non svolgono il loro ruolo con indipendenza e professionalità». Viene pertanto palesato stupore perché Tria «invece di fare pulizia li difende a priori».
IL SENSO DELL’OPPORTUNITÀ e la consapevolezza del momento dei 5S è come al solito esemplare. Il governo deve mettere a punto una reazione ben calibrata all’offensiva europea, tenendo conto del rischio che lo spread sconvolga il quadro. La risposta ufficiale a Bruxelles arriverà prima di 3 settimane, anticipa Salvini, e a cedere non pensa nessuno. «Terremo conto delle parole di Mattarella ma non torniamo indietro», conferma il leghista senza risparmiarsi una battuta al curaro sul socio Di Maio: «Io non ho mai detto, come qualcun altro, che aboliremo la povertà». La ferita dello scontro sul condono è tutt’altro che rimarginata. Salvini mette anche in campo la possibilità di bloccare il bilancio Ue se troppo rigorista.
L’OSTENTAZIONE muscolare in casi come questo è di prammatica, ma il problema il governo se lo pone eccome. Ieri Conte ha visto a Mosca Putin. Ha negato di aver chiesto allo zar di acquistare titoli del debito pubblico italiano, ma lo stesso ospite ha poi chiarito che, pur non avendo affrontato la questione, «non ci sarebbe alcuna remora politica all’acquisto: l’economia italiana ha basi solide e ci fidiamo di quel che sta facendo il governo». Di certo è una benedizione. Forse qualcosa in più.
In ogni caso alle componenti economicamente più avvertite del governo è ben chiaro che, ove la situazione dovesse precipitare, bisognerebbe rimettere in discussione tutto. Ma a quel punto l’intero quadro sarebbe diverso.
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