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Tre vittime delle leggi razziali

Sport Un libro di grande attualità per tutte le curve: "Presidenti" di Adam Smulevich

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 28 ottobre 2017

Leggi razziali, calcio e forni crematori è un rapporto poco indagato in Italia, né potrebbe essere altrimenti, visto che l’ambiente del calcio e il Barnum mediatico che vi gira intorno sono poco inclini alla memoria storica, a cominciare da certi ultrà della Lazio, che domenica scorsa hanno coperto la curva nord della Roma di scritte antisemite e affisso un fotomontaggio di Anna Frank con la maglia giallorossa. Fanno eccezione Inter e Bologna, che nei rispettivi stadi hanno dedicato una targa all’allenatore magiaro Arpad Weisz, nel 1930 vinse lo scudetto alla guida dei nerazzurri e due scudetti con quella felsinea, l’Empoli che ha dedicato lo stadio al calciatore Castellani e la Cremonese che ha posto una lapide in ricordo di Vittorio Staccione, tutti morti nei campi di sterminio perché ebrei. Un libro di Adam Smulevich Presidenti (Giuntina, euro 12) ricostruisce le vicende che videro vittime delle leggi razziali tre presidenti, fondatori delle squadre di calcio Napoli, Roma e Casale Monferrato. Giorgio Ascarelli, proveniente da una agiata famiglia di commercianti di stoffe, dette vita nell’agosto del 1926 al Napoli calcio, attraverso la fusione di due società. A venti anni l’interesse per la politica lo portò a entrare nel direttivo del partito socialista di Napoli, e perciò negli anni successivi oggetto di attenzione da parte della polizia fascista. A proprie spese fece costruire lo stadio, che dopo la sua morte, avvenuta nel marzo del 1930 per peritonite, prese il nome di Giorgio Ascarelli. La targa che lo ricordava, fu rimossa in occasione dei campionati mondiali del 1934, ospitati dal regime fascista di Mussolini quando nello stadio di Napoli si disputò l’accesso alla semifinale tra la Germania e l’Austria. Hitler aveva già nell’aprile del ‘33 messo in atto l’espulsione degli ebrei dalle società sportive e non poteva certo tollerare che la nazionale di calcio giocasse in uno stadio dedicato a un ebreo. Più controversa la figura di Renato Sacerdoti, presidente della Roma dal 1928 al 1935. Reduce dalla Grande Guerra, fu un fascista della prima ora, partecipò con le camicie nere e le armi in pugno alla Marcia su Roma. Abile imprenditore, arrivò rapidamente ai vertici della Roma, che in quegli anni giocava al Testaccio. Dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali nel ’38, occorreva un nome di richiamo e dell’alta finanza per legittimare il binomio ebrei ricchi e furbi, Sacerdoti fu vittima designata dalla propaganda fascista. In missione in Grecia, il 6 ottobre del 1938, poche ore prima della promulgazione delle leggi razziali da parte del regime di Mussolini, a Bardonecchia venne intercettata Violet Kay che tenta di esportare clandestinamente in Francia un milione di lire, consegnatole dalla contessa Giovanna Orta, amica di Sacerdoti. Per i fascisti fu facile attribuire quei soldi a Sacerdoti, che dopo un processo farsa venne condannato a cinque anni di confino con domicilio coatto a Ponza, poi a Ventotene e a Portici Bellavista. Il Popolo d’Italia, il giornale di regime lo additò alla propaganda antisemita, per Sacerdoti non vi fu nulla da fare, nonostante le sue lettere di devozione scritte a Mussolini. Dopo l’8 settembre si rifugiò in un convento e si salvò. Tornò alla guida della Roma dal 1952 al 1958 su pressione di Giulio Andreotti. Più drammatica la vicenda di Raffaele Jaffe, ebreo, docente in un istituto professionale dove con i suoi studenti fonda il Casale, poi presidente della squadra che prima della Grande Guerra conquistò l’unico scudetto della sua storia nel primo campionato nazionale, battendo la Lazio sia all’andata che al ritorno. In premio concesse ai giocatori di effettuare il viaggio da Roma a Casale in seconda, anziché terza classe. Dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali fu arrestato, detenuto nel campo di Fossoli e mandato ad Aushwitz dove morì in un forno crematorio pochi giorni dopo l’arrivo. Il libro di Smulevich ha il merito di rendere attuali storie dimenticate di personaggi pubblici, vittime della ferocia fascista e nazista. A tratti egli cede alla prosa della chiacchiera da bar sport, annacquando le figure di Jaffe e Ascarelli, tentenna su quella contraddittoria di Sacerdoti, fascista e vittima del regime mussoliniano. Presidenti resta un bel libro, che attraverso lo sport racconta la violenza delle leggi razziali, un libro che dovrebbero leggere soprattutto i ragazzi delle superiori e gli ultrà delle curve che inneggiano alle scritte antisemite e razziste.

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