Editoriale

Tre ragioni per essere antiproibizionisti

Tre ragioni per essere antiproibizionisti

Sono tre le ragioni che giustificano un cambio radicale di strategia intorno alle droghe e una svolta non proibizionista e non punitiva. La prima è una ragione etico-filosofica che possiamo […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 8 febbraio 2014

Sono tre le ragioni che giustificano un cambio radicale di strategia intorno alle droghe e una svolta non proibizionista e non punitiva.

La prima è una ragione etico-filosofica che possiamo riassumere sotto il grande contenitore delle libertà. Uno Stato non autoritario è uno Stato che sa ben distinguere l’etica e la religione dal diritto. L’etica deve restare fuori dall’ordinamento giuridico. L’etica è al massimo un criterio di orientamento dell’azione politica e della formazione delle leggi, ma non deve permeare di sé lo Stato. Lo Stato costituzionale di diritto non può che essere uno Stato laico. Viceversa non può essere uno Stato etico. La legge Fini-Giovanardi sulle droghe è una legge invece che parte da un punto di vista etico e lo trasforma in criterio di regolamentazione dei comportamenti individuali. È una legge che nega la libertà, che impone un unico stile di vita, che esprime giudizi morali anche su chi usa la propria libertà senza interferire su quella altrui.

La seconda ragione è di natura giuridico-costituzionale ed è strettamente correlata alla prima. Il nostro sistema penale è un sistema fondato sul principio dell’offensività. Un delitto per essere considerato tale deve offendere un bene o un interesse giuridicamente rilevante, dove la rilevanza è data dal fatto di essere un bene o un interesse protetto dalle norme costituzionali. I delitti senza vittime non hanno dunque legittimità giuridica. Nel caso di buona parte delle norme penali in materia di droghe si fa fatica a individuare quale sia la vittima del comportamento tenuto. La vittima in questo caso è solo colui che fa uso di droghe.

La terza ragione è di politica criminale. La lotta alla droga fatta con eserciti, polizie, carceri e stigmatizzazioni sociali non ha funzionato. Se vogliamo affidarci a un criterio utilitarista si può dire che il consumo su scala globale non è diminuito e i morti non sono calati. Inoltre le organizzazioni criminali hanno costruito imperi economici intorno al narco-traffico. La via non proibizionista non è stata invece ancora sperimentata. Alla manifestazione che parte oggi da Bocca della Verità a Roma ha aderito anche l’imprenditrice e testimone di giustizia Valeria Grasso, impegnata in prima linea contro le cosche. Non è il primo caso che il fronte anti-mafia rompe il fronte proibizionista. Lo ha fatto di recente anche lo scrittore Roberto Saviano.

Non abbiamo la certezza che il narcotraffico si ridurrebbe, non sappiamo cosa accadrà in Uruguay o in Colorado dove la cannabis a uso anche non terapeutico è stata legalizzata, ma conosciamo i danni della cultura proibizionista. L’Italia di solito arriva ben dopo gli Usa in tante cose nella sua storia. Mentre noi abbiamo i cultori della war on drugs al governo pubblico delle tossicodipendenze, gli Stati Uniti hanno scelto un’altra via. Barack Obama afferma senza che il Paese gli si rivolga contro che «la cannabis non è più pericolosa dell’alcool». Il Presidente del Consiglio Enrico Letta invece si costituisce con una propria memoria a difesa della legge Fini-Giovanardi che è sotto giudizio davanti alla Corte Costituzionale. Il giorno della sentenza sarà il prossimo 11 febbraio.

Questo è l’altro tema di grande attualità. La legge Fini-Giovanardi è stata varata con l’inganno nei confronti del Capo dello Stato. E’ stata inserita con un emendamento governativo in un decreto-legge che si occupava della sicurezza alle Olimpiadi di Torino. Così è stato usato illegittimamente un tram legislativo.

Ora si tratta di cambiare strategia, di portare il tema delle droghe dentro la campagna per le prossime elezioni europee, di sondare le forze politiche per costruire un fronte anti-etico. Nel mentre si apre una discussione sulla legalizzazione è necessario però procedere rapidamente verso politiche di depenalizzazione totale del consumo, di decriminalizzazione della vita quotidiana di consumatori e tossicodipendenti. È necessario rilanciare le politiche nazionali, regionali e locali di riduzione del danno. È altrettanto necessario cambiare il capo del Dipartimento anti-droghe. Il dibattito parlamentare dei giorni scorsi purtroppo non fa ben sperare. La gran caciara fatta dai cultori della tolleranza zero contro il timidissimo decreto del Governo non fa presagire nulla di buono.

*Antigone

 

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