«Noi stiamo con Willy», recita lo striscione che si trova all’ingresso di Artena, quasi a rompere il gioco mediatico dei quattro cantoni che si è creato attorno ai comuni che hanno fatto da scenario alla morte del giovane di Paliano, avvenuta a Colleferro ormai quasi una settimana fa. In effetti, ogni ricostruzione di questa storia terribile che ruoti attorno a distinzioni di campanile non può reggere. Innanzitutto perché da anni ormai questi e gli altri paesi che sorgono attorno alla valle del Sacco, a cavallo tra la provincia meridionale di Roma e quella di Frosinone, formano un’unica conurbazione. Per capirlo basta guardare il paesaggio dalle mura storiche del borgo di Artena. Da qui si scorge la valle, si riconoscono a uno a uno i paesi arrampicati sulle colline insieme a quel che rimane degli insediamenti produttivi. «Ecco lì, sulla destra, quelle case colorate sono la città del commercio dell’outlet di Valmontone – ti raccontano – E lì, sotto Olevano che forse conosci per il vino, sta per nascere il grande capannone di Amazon».

Che le sorti dei diversi comuni siano intrecciate, lo si vede anche dal fatto che il consiglio comunale aperto alla cittadinanza che la città di Artena ha convocato ieri pomeriggio vede la partecipazione di Pierluigi Sanna, sindaco di Colleferro, e dell’assessora alle politiche sociali di Paliano Eleonora Campoli. «Portiamo il peso del fatto che i quattro presunti responsabili della morte di Willy Monteiro Duarte sono nostri concittadini – dice il sindaco di Artena, Felicetto Angelini – Ma il nostro dolore, lo sdegno, la rabbia e la nostra tristezza ci accomunano agli altri comuni e, abbiamo visto in questi giorni, a tutta l’Italia».

L’assemblea cittadina si tiene in quella che da qualche anno è la sua sede istituzionale, l’ex granaio ristrutturato che sta all’inizio del borgo. La sede storica del municipio si trova più in su. Fu lì che cent’anni fa, quando il fascismo prese il potere, il sindaco socialista Augusto Valeri si asserragliò per non lasciare il posto alle camicie nere. E fu lì che, quando oltre venti anni dopo tornò la democrazia e si tennero ancora le elezioni comunali, Valeri si prese la soddisfazione di tornare da sindaco in carica. Il sindaco che sopravvisse al fascismo era stato eletto sulla spinta delle lotte contadine e delle occupazioni di terre, inaugurando una tradizione di amministrazioni di sinistra che durò fino agli anni Novanta.

La città antica, che tra anni Sessanta e i Settanta è stata location di alcune pellicole del filone gotico del cinema italiano, si infila dentro un costone di roccia calcarea. Ha cominciato a perdere abitanti fin da allora, da quando la crisi industriale della valle portò alla chiusura dei cantieri Alstom dai quali uscivano vagoni ferroviari. Un ulteriore colpo è arrivato negli ultimi dieci anni con il tracollo del settore edilizio e la crisi delle piccole e medie imprese che lavoravano, spesso in subappalto, gravitando sulla capitale. Non è bastato, a compensare, il fatto che molti romani nel frattempo abbiano deciso di trasferirsi da queste parti.

Come tanti altri borghi, Artena ha provato a mettere da parte il sogno industriale che sorgeva ai suoi piedi e a rispolverare l’immagine bucolica. In una delle rotonde che conducono dalla valle al paese si scorge una statua quadrupede di bronzo, monumento equestre al mulo che in effetti da queste parti viene utilizzato per raccogliere la spazzatura porta a porta nelle strette vie del centro storico. I giovani del direttivo dell’Arci locale, che gestiscono due spazi in paese e che presidiano il territorio da anni, rifiutano sia la raffigurazione pittoresca del marketing territoriale che quella apocalittica della criminalizzazione.

Conoscono i quattro che si ritrovano in galera, indagati per aver ucciso barbaramente Willy, e se li ricordano quando erano ragazzini, solo pochi anni fa. Gli attivisti dell’Arci hanno il polso della mutazione in corso presso un pezzo di cittadinanza, ma inseriscono Artena, oltre che Colleferro e Paliano, nel contesto più ampio dell’Italia delle aree interne e dei modelli della piccola borghesia criminale che ruota attorno all’economia generata dalla diffusione ormai capillare della cocaina.

L’Osservatorio per la legalità e la sicurezza della Regione fotografa la situazione con queste parole col rapporto «Mafie nel Lazio»: «Qui i clan ancora non sono penetrati». Ma riconosce il fatto che «ci sono semmai bande locali che cercano di fare il salto di qualità».

Il sindaco Angelini, medico che viene dal Pci e che fu giovane amministratore già negli anni Ottanta, dapprima ha affermato che «Artena non è Scampia» e ha ricordato di quando, all’epoca della prima ondata migratoria di venti anni fa, qui accolsero molti albanesi. Ma le ricostruzioni più avvedute non fanno pensare a Scampia, bensì all’Italia. «La crisi della classe dirigente è sotto gli occhi di tutti. Sarà forse anche questo un problema e una delle cause della sottovalutazione dei fenomeni criminali che portano a certi atti?», sostiene Mino Massimei dell’Arci.

Dopo le polemiche, il sindaco riflette: «È il momento di guardare a quello che facciamo ogni giorno – dice ai suoi cittadini – La responsabilità penale è individuale, ma ce n’è anche una collettiva, quando accade un fatto così grave. Il pestaggio mortale che ha colpito Willy non è stato motivato dal razzismo e non c’entra la matrice politica. Ma forse è ancora peggio: è stata violenza fine a se stessa».

Oggi ci si sposta tutti a Paliano, al campo sportivo, dove si terranno i funerali del giovane Willy Monteiro Duarte. Potranno entrare poco più di mille persone a causa delle restrizioni imposte dal Covid. Vista anche la grande partecipazione alla fiaccolata di due giorni fa in memoria del ragazzo, tutto lascia pensare che la maggior parte dei partecipanti assisterà alle esequie da fuori. Nel frattempo, ad Artena, qualcuno ha consegnato al sindaco il progetto di un murale. C’è il ritratto di Willy e il profilo di un leone con la scritta: «Il vero guerriero non ha la forza ma il coraggio».