Trasformare o reinventare Edipo e Antigone: è lecito
Ricezione dei classici Gherardo Ugolini ha raccolto in volume quarant’anni di studi e recensioni sul ciclo tebano, dalla scena attica ai giorni nostri: Tra Edipo e Antigone, Petite Plaisance
Ricezione dei classici Gherardo Ugolini ha raccolto in volume quarant’anni di studi e recensioni sul ciclo tebano, dalla scena attica ai giorni nostri: Tra Edipo e Antigone, Petite Plaisance
Cos’hanno in comune Ilaria Cucchi ed Eluana Englaro, Carola Rackete e Greta Thunberg, e perché sono paragonate ad Antigone? Ha senso farlo, o è solo uno slogan per richiamare lettori o spettatori? E perché torna alla ribalta, tra pandemia e disastri climatici, l’Edipo Re di Sofocle? Edipo e Antigone ci parlano ancora? Cosa possono dirci, o cosa chiediamo loro? Perché leggiamo e riscriviamo le loro storie, in vesti sempre nuove e anche in chiave politica, antica o contemporanea?
A tutte queste domande, e molte altre, possiamo trovare non una, ma tante risposte nel libro di Gherardo Ugolini Tra Edipo e Antigone Il mito tebano sulla scena attica e moderna (Editrice Petite Plaisance, pp. 658, euro 40,00): una raccolta di studi – alcuni in inglese – pubblicati nell’arco di quarant’anni in volumi e riviste di diversi Paesi, su carta e online (uno anche su «Alias D»). La portata delle riflessioni va ben al di là del teatro: coinvolge la vita di tutti noi, quel che ci accade intorno e forma la nostra storia, anche presente. Ugolini ci invita a non fissarci su un punto di vista unico, ma a rivederlo e metterlo in discussione ogni volta: come il traduttore che affronta il testo, come il regista che lo mette in scena, o il pubblico ‘affamato di miti’ che li cerca nei libri, a teatro, al cinema o in tv.
L’autore ha studiato a lungo Sofocle e il suo tempo, ma non si chiude in una ‘torre d’avorio’. Al contrario unisce la conoscenza delle lingue e culture antiche (nonché di quella tedesca) alla frequentazione dei teatri e all’osservazione del contesto storico-politico di ogni opera: fondamentale per coglierne la specificità e compararla con altre. Questo è essenziale anche per orientarsi nella lettura, visto che gli articoli spaziano dall’Atene periclea alle scene internazionali, inclusi recenti esperimenti ‘ibridi’ fra teatro e altri media («Edipo Re in virtual reality»).
Il libro è suddiviso in tre sezioni: Antico, Moderno, Contemporaneo. Per prima si esamina la tragedia ‘attica’ (come da titolo del libro) dove prendono forma i personaggi che Sofocle e molti altri plasmano in forme sempre nuove. Il mito, infatti, non nasce come ‘testo’ immutabile, bensì all’interno di una cultura orale. Quindi si modifica e si rigenera di continuo. Anche i drammi sono anzitutto ‘copioni’ destinati a una sola rappresentazione, da cui derivano infinite varianti. Ed è nell’insieme che sta la ricchezza, e la vitalità del mito: chi si concentra solo su un campione limitato, e lo scambia per modello normativo e assoluto, rischia di falsare la prospettiva. La controprova? Supponiamo di non aver conservato l’Antigone di Sofocle ma quella di Euripide (incentrata, da quel che sappiamo, sull’amore tra l’eroina ed Emone, figlio di Creonte): come sarebbe diventata la sua storia, per esempio più simile a Giulietta e Romeo?; e come sarebbero le Antigoni che conosciamo e – preconizzate già da George Steiner – le «‘nuove Antigoni’ che nascono ogni giorno»? («Antigone e la questione giuridica»).
La lettura del volume ci invita a non imbalsamare il mito, né i suoi personaggi. A ‘liberare’ il povero Edipo, rimasto prigioniero dei suoi creatori e fan (Sofocle, per primo, e poi Aristotele) o dei teatri dove viene rappresentato ancora oggi: per esempio al teatro Olimpico di Vicenza, tra le scene di Scamozzi, rimaste miracolosamente intatte dalla ‘prima’ di Edipo Tiranno (1585). Con Ugolini ripercorriamo alcune delle infinite vite vissute da Edipo, e immaginiamo quante ancora ne potrebbe vivere. Anche per questo rileggiamo volentieri le sue recensioni, perché ci danno chiavi e strumenti di lettura critica, servono a illuminare il testo, a fissare il ricordo di interpretazioni riuscite come quelle di Ferdinando Bruni («Edipo Re. Una favola nera») o Giuseppe Sartori diretto da Carsen («Edipo sulle scale di Siracusa»).
Se questo vale per ‘papà Edipo’, a maggior ragione Antigone – sottolinea Ugolini – continua a nascere e risorgere sulla scena, ma è pur sempre una creatura sofoclea: la tragedia che la rende un ‘mito’ (in senso moderno!), pur ambientata a Tebe rimanda inevitabilmente alla città in cui viene rappresentata. Come ricorda Antigone a Ismene «sorella dello stesso sangue», la famiglia viene prima di tutto: la philìa, che nell’Antigone ritorna ossessivamente, non rimanda affatto all’amore romantico, ma segna l’appartenenza a un ghenos o clan (come quelli che storicamente, mentre Sofocle scriveva, si contendevano potere e prestigio nell’Atene periclea). Lo dimostra Ugolini in un saggio-chiave, «Antigone e la questione giuridica», in cui la distinzione tra usi e abusi del mito viene definita «inconsistente sul piano ermeneutico e metodologico». Non scandalizziamoci dunque se Antigone è al tempo stesso la ragazza ribelle, la paladina dei carcerati o dei migranti, il simbolo della rivolta contro il potere e della disobbedienza civile. L’importante, chiarisce l’autore, è chiedersi come e perché nasca ogni variante, a che scopo e per quale pubblico si privilegino certi aspetti all’interno di un mito fluido e complesso che si ricrea e si arricchisce costantemente.
Questo vale naturalmente per Edipo, Antigone e per ogni altro personaggio. Una volta accertato che è lecito, anzi doveroso, manipolare e trasformare il mito (come già fanno gli autori antichi), che non esiste una sola verità, ma tante, possiamo appassionarci alle storie evocate da Ugolini. Il volume invita anche a smontare ogni ‘narrazione’ diffusa, ma superficiale, spesso stereotipa e consolatoria, che ad esempio trasforma l’irascibile Edipo in un campione di virtù. E diffidiamo di chi elegge a ‘santino’ la pasionaria Antigone (si veda da ultimo il blog Antigone – an Open Forum for Classics).
A riservare sorprese sono non soltanto Antigone ed Edipo, ma anche i loro ‘comprimari’: Ismene che vuole vivere, non morire; Giocasta, moglie e madre amorevole, che nell’Edipo Re intuisce per prima la verità e si uccide, ma poi ricompare nelle Fenicie di Euripide, e cerca di salvare i figli dall’autodistruzione; Creonte che raccoglie un regno in pezzi, e sulla carta è l’uomo giusto al posto giusto, finché il potere non gli prende la mano. O ancora l’indovino cieco Tiresia che testimonia «l’ampiezza e la profondità del processo di appropriazione e rielaborazione» (in «Le metamorfosi di Tiresia tra cultura classica e moderna»). Regolarmente sfida il re, in una scena-tipo che si ripete da una tragedia all’altra; è trasgressore, ma anche mediatore, tra mondi diversi (maschile femminile, umano/divino, passato /futuro, vita /morte). Vanta sette metamorfosi e riserva molte sorprese: nel dramma surrealista di Apollinaire (Le mammelle di Tiresia, 1917) è il simbolo di tutte le donne che rivendicano il diritto di non far figli; nel poema di Eliot La terra desolata è figura-chiave in cui l’autore proietta se stesso. Aggiungo un altro esempio: nella Conversazione su Tiresia, scritta e interpretata da Camilleri al teatro greco di Siracusa (11 giugno 2018, ripresa poi al cinema e in tv), l’autore – anche lui cieco – ripercorre le metamorfosi del profeta e si identifica in lui.
Sono alcuni esempi, tra i molti possibili, dei saggi che consentono una fruizione differenziata, a più livelli, da parte di lettori di ogni tipo: non solo filologi e grecisti, psicologi, storici del teatro o studiosi di filosofia antica, ma studenti o appassionati di teatro, registi e attori, spettatori assidui o saltuari. Ognuno potrà trovare informazioni e spunti di riflessione: dall’analisi dei testi alle questioni etiche, giuridiche e politiche su temi ancora attuali – la gestione del potere, la creazione del consenso, la trasformazione del leader in tiranno – che inevitabilmente rimandano a figure e situazioni di oggi e di ieri. Il libro ci lascia più ricchi e più curiosi di leggere altre storie, di andarle a vedere a teatro, di ‘esplorare nuovi mondi’, con la convinzione che guida molti docenti e studiosi: è meglio porci quesiti difficili, o insolubili, come fa la tragedia greca, che accontentarci di risposte pronte, preconfezionate, ‘facili’, trovate su Internet o con l’intelligenza artificiale (sempre più spesso usate, o abusate, soprattutto dai giovani).
A maggior ragione l’avvertimento è valido nel caso del mito, che è per definizione fluido, inafferrabile: e proprio per questo esiste da secoli, perché ognuno lo fa e lo disfa a piacimento, dalla nonna che racconta favole fino ai comici greci che non risparmiano niente e nessuno, nemmeno Edipo. Ci piace citare in chiusura il nostro amato Aristofane, che in pochi versi memorabili (Rane 1182-1196) ‘liquida’ Edipo come «summa della sfiga», diremmo noi (altro che politically correct), e apre la strada a infinite versioni, fino a oggi. Da ultima, la nuova serie tv Kaos che reinventa liberamente e senza remore dèi ed eroi greci, facendo divertire e appassionare i binge watchers di tutto il mondo.
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