Transumanesimo, il sogno ibrido
Tempi presenti Evocata, superficialmente, da Grillo a Capodanno, la tecnoutopia che conquista imprenditori e ingegneri. L’idea di base è di codificare sul piano sociale e politico la superiorità delle macchine sulla mente umana. Dubbi e perplessità si misurano con le ingenti risorse dei sostenitori. Intelligenza artificiale e biotecnologie possono forse salvare la civiltà capitalistica, ma resta il nodo di povertà e democrazia
Tempi presenti Evocata, superficialmente, da Grillo a Capodanno, la tecnoutopia che conquista imprenditori e ingegneri. L’idea di base è di codificare sul piano sociale e politico la superiorità delle macchine sulla mente umana. Dubbi e perplessità si misurano con le ingenti risorse dei sostenitori. Intelligenza artificiale e biotecnologie possono forse salvare la civiltà capitalistica, ma resta il nodo di povertà e democrazia
È stato annunciato in pompa magna come il discorso alternativo a quello del presidente Mattarella da parte del guru spirituale del Movimento 5 stelle. Ma la performance di Beppe Grillo il 31 dicembre del 2018 sui social network è stato un buco nell’acqua. In primo luogo, perché il discorso di Mattarella ha fatto il pieno di like proprio in Rete; ma sopratutto perché l’intervento di Grillo è stato un susseguirsi di banalità, di discorsi orecchiati da qualche autore che non è riuscito a dargli senso compiuto. Insomma Grillo si è presentato on line con il suo viso che sovrastava un corpo da culturista, scolpito nei muscoli, tutti tonici e tutti guizzanti. La cosa più ironica era il continuo riferimento del comico genovese al sogno, anzi ai sogni che il prossimo futuro tradurrà in realtà.
LA TECNOLOGIA AIUTERÀ a sconfiggere le malattie, la povertà, la disoccupazione di massa. Parola di Beppe Grillo. Ma il suo discorso continuava ad alternare banalità e prospettive sconclusionate. Le parole chiave erano scandite ogni venti, trenta secondi. Siamo nell’era del transumanesimo, il corpo fatto di sangue e materiale organico sta lasciando il passo a macchine che riprodurranno il corpo umano, superandone le fragilità e le debolezze (lentezza, caducità, facile deperimento per l’uso). Finita la performance, i punti interrogativi erano maggiori della capacità di aver colto il senso della sua apparizione in video.
Dietro Beppe Grillo – forse sarebbe meglio lasciare le sue apparizioni alla critica corrosiva di buoni autori – c’è però qualcosa di troppo serio per lasciarlo abbandonato a se stesso. Il transumanesimo è una delle ultime versioni di una tecnoutopia che dalla Silicon Valley si è diffusa come un virus conquistando consensi e mietendo successi tra ingegneri, fisici, imprenditori. L’idea di fondo è che le macchine sono ormai superiori all’intelligenza umana e che occorre lavorare affinché tale superiorità venga codificata socialmente e politicamente. Dunque, si tratta di riprodurre gli aspetti umani difficili da codificare attraverso l’intelligenza artificiale: una mente artificiale che riproduce il cervello umano; oppure un cervello umano che segue computazionalmente le caratteristiche di nanotecnologie, bioingegnerie e robotica così potenti da non sfigurare di fronte a qualsiasi test di verifica sulle potenzialità delle macchine informatiche.
Per un ingegnere che conta dentro Google come Ray Kuzweil tutto ciò è riassunto nell’avvento dell’era della Singolarità unica, cioè di un mondo postumano dove le macchine presentano un volto friendly non ostile agli umani. Non è dato sapere se Grillo era consapevole di tutto ciò. C’è da dubitarne, ma il nocciolo del transumanesimo sta proprio in questa prospettiva di apertura e di superamento dell’umano.
Il futuro sarà dunque periodo di pace e prosperità. È il vecchio sogno di un mondo pacificato, dove macchine e umani convivono pacificamente. Certo, siamo in un periodo di transizione. Problemi contingenti vanno affrontati (la povertà, il rischio per la democrazia, data la necessità di accentrare i meccanismi decisionali), l’assenza di lavoro. Per questo tutto può andare bene. Dalle tasse per i robot usati nei processi lavorativi, alla possibilità di un reddito di cittadinanza che consenta di gestire una riqualificazione del welfare state in un prospettiva universalistica.
DISPOSITIVI E PROSPETTIVE operative che possono funzionare come una leva per cambiare il mondo e superare le secche di una distopia che potrebbe distruggere l’economia mondiale e il capitalismo.
Non è la prima volta che dalla Valle del Silicio si leva una flebile voce per segnalare che l’intelligenza artificiale, le biotecnologie, le nanotecnologie non sono ostili all’uomo ma possono bensì consentire di salvare la civiltà capitalistica. Finora ha sempre incontrato scetticismo e perplessità, a partire dal fatto che le tecnologie non sempre riescono a manifestare una potenza amichevole nei confronti del mondo così come lo conosciamo. Insomma, intelligenza artificiale e Singolarità unica devono conquistarsi la fiducia sul campo. Non è detto che ci riescano creando un ibrido tra il volto beffardo di un comico e un culturista. Sicuramente non ci riescono se vengono presentati come la panacea di tutti i mali. Devono cioè costruire egemonia. Fattore che allo stato attuale proprio non riescono a fare.
LA POSTA IN GIOCO è dunque molto alta. Da una parte c’è la prospettiva che usa tecniche di reverse engineering per conoscere il funzionamento del cervello e riprodurlo con microprocessori che operano in parallelo. Spazio dunque alle reti neurali e a dispositivi tecnologici che imitano i modelli umani di intelligenza e coscienza. Una prospettiva che prova a dare una risposta anche al quesito se sia possibile una intelligenza artificiale in assenza di un corpo, dato che la Singolarità unica non prevede la presenza di materiale organico. Per molti teorici dell’intelligenza artificiale non è infatti possibile pensare un’intelligenza paragonabile a quella, certo imperfetta, lenta, ma comunque ineguagliabile umana in assenza dei limiti costituiti da un corpo.
C’È ANCHE UN APPROCCIO algoritmo, basato sullo sviluppo di machine learning e di programmi informatici che migliorano se stessi senza nessun apporto umano. Prospettiva che incontra più perplessità che consensi. In entrambi i casi, tutte le problematiche del transumanesimo sono squadernate nella loro dimensione distopica, favolistica, fantascientifica, che ha però il potere performativo di far apparire una tecnoutopia come il paradiso caduto sulla terra.
In un recente volume – Essere macchina di Mark O’Connell (Adelphi) – il transumanesimo viene affrontato nei suoi risvolti inquietanti, cioè ostili agli umani. E più o meno negli stessi mesi è stato pubblicato anche il libro di un altro giornalista sull’intelligenza artificiale come una minaccia alla sopravvivenza della razza umana – La nostra invenzione finale, di James Barrat (Nutrimenti).
DUE TESTI CHE SEGNALANO appunto le difficoltà delle tecnoutopie a costruire consenso e egemonia. Ma dalla loro, i tecnoutopisti hanno i capitali, una teoria dello sviluppo economico e dell’innovazione, l’organizzazione di un circolo virtuoso tra produzione della ricchezza e gestione globale del lavoro vivo. Non è certo poco. C’è da scommettere che la performance di Grillo sia stata solo un prova generale per tempi migliori, cioè per quando il transumanesimo uscirà dal sogno infantile del sogno ad occhi aperti.
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