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Traffic: anime soul nei labirinti del prog

Traffic: anime soul nei labirinti del progTraffic

Note sparse In un box la Universal pubblica i sei vinili della storica band

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 29 maggio 2019

L’enfant prodige Steve Winwood, cantante e polistrumentista, abbandona lo Spencer Davis Group nel 1967, anno cruciale per il rock blues britannico. Al contrario dell’amico Eric Clapton, che ha già formato con successo i Cream, Winwood non vuole creare una band basata sul virtuosismo. I suoi Traffic nascono da libere jam cui partecipano gli altri futuri componenti, il batterista Jim Capaldi e il flautista-sassofonista Chris Wood, Wood conferirà con i suoi fiati qualcosa di surreale e vagamente mistico al sound del gruppo, umile ma in qualche strano modo orchestrale. Altro membro dell’ensemble è il chitarrista e songwriter Dave Mason, che rimarrà inviso al resto del gruppo nonostante l’apporto fondamentale dato alla sua ascesa verso il successo. Se con Mr. Fantasy (’67), l’lp di di esordio, i Traffic rilasciano un gioiello di folk e canzoni psichedeliche che suonano come jam in miniatura, dal suono di una freschezza inaudita e di una raffinatezza del tutto implicita, con l’ottimo Traffic (’68) virano la formula verso un sound più professionale e commerciale.
John Barleycorn Must Die(’70), il cui titolo deriva dall’eccelsa rilettura winwoodiana di un’antica ballata inglese, e che vede la band riformata dopo un primo scioglimento ma senza Mason, ingloba elementi del prog imperante non tanto nella dilatazione verso la suite della forma canzone, quanto nella maestosa complessità di suoni e arrangiamenti, che attingono da folk, funk, jazz per dar vita a un’elaborazione originalissima, con momenti di classicità deliziosa.

LO SPIRITO inquieto di Winwood riesce a bissarne il successo con un album che va in direzione opposta, grazie allo scambio di ruoli tra componenti decisi dal leader e l’aggiunta significativa di nuovi musicisti: The Low Spark Of High Heeled Boys (’71) compie un viaggio onirico nei meandri del folk e della musica nera, rimanendo forse il loro capolavoro.

IL GRUPPO concluderà la carriera con il più banale Shoot Out At The Fantasy Factory (’73) e il sottovalutato When The Eagle Flies (74), che testimonia una band mai così immersa nell’r&b, nel funk, nel jazz. I Traffic sono stati figli del loro tempo, ma hanno avuto intuizioni assolutamente avveniristiche. Portando avanti il loro anti-virtuosismo in un’era sempre più dominata dal prog, hanno finito per mutuarne alcuni elementi senza però mai perdere la loro anima. Ora la Universal raccoglie, in vinile, i 6 album in studio sopraccitati in un sontuoso box.

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