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Tra spazi e suoni il mistero insondabile del jazz

Tra spazi e suoni il mistero insondabile del jazz

Eventi Le rassegne jazz in Italia devono parte del loro successo all’interazione fra luoghi e musica, fra spazi e suoni, in una sorta di particolare rispecchiamento-amplificazione.

Pubblicato circa un anno faEdizione del 17 settembre 2023

Le rassegne jazz in Italia devono parte del loro successo all’interazione fra luoghi e musica, fra spazi e suoni, in una sorta di particolare rispecchiamento-amplificazione. I recital a S.Francesco al Prato (a Perugia, Umbria Jazz) o sul Monte Limbara (vicino Berchidda, Time in Jazz) restano fortemente impressi nella mente di chi suona e di chi ascolta, creando un legame sui-generis. Il fenomeno si ripete, ancora. A Firenze (5-17 settembre) è in corso il Firenze Jazz Festival: si sta svolgendo in posti di rara bellezza come, tra gli altri, una zattera di fronte a Ponte Vecchio, piazza del Carmine, la Limonaia di Villa Strozzi e le terrazze della Villa e Giardino Bardi, incuneate tra Forte Belvedere e piazzale Michelangelo.

È QUI – sulla Costa San Giorgio – che l’8 hanno suonato in un doppio concerto un quartetto con Francesco Bearzatti (S.Risso M.Barbieri e V.Corzani) in Down Bit Duke. Omaggio a Duke Ellington ‘Anatomia di un omicidio seguito da Dado Moroni & Max Ionata nel recital Two for You. Non è facile suonare in uno scenario che potrebbe rappresentare una concorrenza spietata alla musica: il panorama di Firenze dorato dalla luminosità del tramonto o rischiarato dalle luci notturne. Entrambi i gruppi si sono esibiti con successo, forse esaltati dalla magnifica cornice. Il progetto Down Bit Duke offre (booklet del FJF) «una rilettura distopica della musica del film di Otto Preminger», attraverso fiati, contrabbasso, batteria, elettronica e lo storytelling, preciso ed efficace, di Corzani. Dal beat ellingtoniano al bit contemporaneo, dimostrando come «repertorio» non voglia sempre dire «tradizione statica». Il piano di Moroni e il sax di Ionata hanno proposto le loro riletture discografiche di Ellington e Stevie Wonder.

Un omaggio a Duke Ellington per il quartetto guidato da Francesco Bearzatti

Ad Ivrea (6-9 settembre) si è svolta la 43ma edizione dell’ Open Papyrus Jazz Festival, rassegna sottotitolata «Tutti i colori del mondo (omaggio a Rosa Parks)», a suo tempo ideata da Sergio Ramella come ha ricordato nell’ultima serata il direttore artistico Massimo Barbiero.

QUI RISULTA caratterizzante tutta la città dove c’è ancora una forte, tangibile memoria dell’opera di Adriano Olivetti come della storia di un centro di origine romana, attraversato dalla Dora Baltea. Il festival ha a cuore i temi integrazione e cultura. Anche i luoghi contano: dalla Bottega e Cucina Foravia (mostra pittorica d’inaugurazione) allo Spritz (luogo di stampa, grafica, comunicazione, vendita) con le foto di L.d’Agostino e L.Rossetti. Dallo ZAC presso la stazione (Zone Attive di Cittadinanza, cooperativa sociale) al Cortile del Museo Garda (museo civico attivissimo nella didattica). Dopo il Barbiero/Gallo/Brunod/Ottaviano 4tet, Rossana Casale nell’omaggio a J.Mitchell, il duo Silverio/Remondino, le Jazz Ladies di P.Mei ed E.Prodon, ha chiuso il festival il Trio MiXMONK con Joey Barron (B. De Looze, R.Verheyen). Niente di meglio della loro straordinaria capacità di metabolizzare le lezioni del jazz (da Monk a Lacy) per riproporle, senza amplificazione, in un gioco vertiginoso e raffinato guidato dalla inconfondibile batteria del leader.

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