Tra sifilide e vecchi merletti, come è triste vivere e morire a Londra
A teatro «A Harlot's progress» in prima l'opera di Iain Bell, belcanto e melò nel calvario della ragazza di campagna costretta a prostituirsi
A teatro «A Harlot's progress» in prima l'opera di Iain Bell, belcanto e melò nel calvario della ragazza di campagna costretta a prostituirsi
Ci sono due protagonista in A Harlot’s progress di Iain Bell, creata al Theater an de Wien il 12 ottobre, e hanno entrambi vesti lacere e volto imbellettato per esaltare la bellezza già sfiorita e nascondere i segni della malattia: Moll Hackabout e la Londra settecentesca. Al centro della scena il soprano Diana Damrau, in cartellone a Vienna fino a fine ottobre, mentre il 7 dicembre sarà alla Scala per cantare Violetta Valery di Verdi. Bell collabora con il soprano tedesco da anni, le ha dedicato alcuni raffinati cicli di songs, e ha cucito la parte di Moll Hackabout sulle strepitose qualità vocali e tecniche della sua musa.
L’ispirazione nasce dalla serie di incisioni di Hoghart che narrano le vicende di una ragazza di campagna che a Londra diventa una prostituta e muore per la sifilide. Bell, trentatreenne e londinese da generazioni, alla sua prima fatica operistica, ha strutturato il dramma in sei scene con brevi interludi e si è avvalso per il libretto di Peter Ackroyd, che alla storia di Londra ha dedicato tanta sua produzione letteraria e saggistica. Nonostante il Theater an del Wien abbia giocato con gli echi letterario-musicali, allestendo in settembre un’ottima edizione di The Rake’s progress, i riferimenti a Stravinsky sono del tutto assenti. Rispetto a quella di Tom Rackwell, la discesa agli inferi di Moll Hackabout è rapida, inevitabile e disegna la parabola miserabile di un’anonima vicenda terrena, senza presenze demoniache. Il libretto, dai tratti ruvidi e prosaici, fotografa con minuzia la caduta di Moll, prima ricca mantenuta, poi prostituta di strada, imprigionata e angariata dalle compagne nonostante la gravidanza, infine umiliata dopo morta in un funerale grottesco da coloro che l’hanno sfruttata, pronti a impadronirsi della vita della figlia. L’impianto drammaturgico è ridotto a pochi personaggi, funzionali al percorso di distruzione della ragazza; torna alla mente Lulu, o Boulevard Solitude di Henze , però con le proporzioni fra prima e dopo l’arresto di Manon totalmente invertite.
Lo stile di Bell è eclettico, ma sono chiari i riferimenti a Walton e a Britten. Se la scrittura vocale è florida e varia, la strumentazione eccede nell’offrire una tinta quasi perennemente plumbea, con archi e percussioni che schizzano e vibrano ritmicamente come passi nel fango che idealmente invade la scena. La protagonista passa dalla coloratura di derivazione belcantistica (con tanto di lunga «scena di pazzia») a tratti di recitativo e a esplosioni drammatiche tesissime.
Una prova sensazionale, in un ruolo che chiede alla Damrau persino a cantare fra le doglie. Di minore impegno le altre parti, fra cui spicca la compagna di sventura Kitty (Tara Erraught), che raccoglie la bimba di Moll per vedersela sottrarre da Mother Needham, la «mammana» che aveva traviato la madre, magnificamente interpretata da Marie McLaughlin. John Lovelace, amante-sfruttatore-pendaglio da forca (e sulla forca finirà) è Nathan Gunn, perfetto per voce brunita e fisicità alla Russel Crowe, mentre Christopher Gillet incarna bene Sir John Lovelace, primo amante di Moll. Curatissimo lo spettacolo di impianto tradizionale di Jens Daniel Herzong, mentre Mikko Frank guida sicuro gli artisti, i Wiener Symphoniker e l’ottimo Arnold Schoenberg Chor.
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