Cultura

Tra scienza e critica, la preziosa eredità di Marcello Cini

Tra scienza e critica, la preziosa eredità di Marcello CiniMarcello Cini

Eventi A dieci anni dalla scomparsa, oggi all’Accademia dei Lincei di Roma una giornata per ricordare lo scienziato che fu tra i fondatori del manifesto

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 18 ottobre 2022

Il 22 ottobre saranno passati dieci anni dalla morte di Marcello Cini. L’Accademia dei Lincei ha scelto di ricordare questa importante figura di fisico, filosofo e militante politico con un convegno dal titolo «Marcello Cini tra scienza e critica», che si apre oggi nelle sale di via della Lungara a Roma.

CINI È STATO uno dei fondatori del manifesto, partecipando sin dagli inizi sia alla sua avventura politica che a quella editoriale, essendone anche direttore per un breve periodo. Ma è stato anche un fisico teorico brillante, un filosofo della scienza originale e creativo e tra i fondatori dell’ecologia politica italiana.

Tutta la sua traiettoria è stata caratterizzata da un’invidiabile indipendenza intellettuale. Dopo aver vinto la cattedra di Fisica Teorica della Sapienza di Roma a poco più di trent’anni, Marcello Cini ha raccontato dall’interno dell’accademia come la comunità scientifica e la società non fossero due mondi separati, e che la prima è mossa dagli stessi interessi e conflitti che agitano la seconda.

A Cini è legato indissolubilmente il pensiero della «non-neutralità della scienza» esposto nel saggio L’ape e l’architetto (Feltrinelli, 1976), uno dei capisaldi della controcultura degli anni Settanta scritto insieme ai più giovani colleghi Giovanni Jona-Lasinio, Giovanni Ciccotti, Domenico De Maria. Nel libro veniva argomentata l’idea secondo cui la produzione di conoscenza, anche quella di base, non è slegata dalle applicazioni che essa genera. L’allocazione dei finanziamenti e l’organizzazione della ricerca, infatti, stabiliscono quali problemi valga la pena affrontare e nell’interesse di chi, prima ancora delle loro ricadute pratiche.

LA COMUNITÀ SCIENTIFICA si sentì improvvisamente investita di una responsabilità di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Oggi, tuttavia, l’attualità di quella tesi è piuttosto evidente e la giornata ai Lincei ne è testimonianza. Molti dei colleghi che allora si indispettirono furono al fianco di Cini qualche decennio dopo, quando a difesa della laicità dell’università si oppose (con successo) all’invito a Joseph Ratzinger a inaugurare l’anno accademico della Sapienza.

CINI PERÒ NON AMAVA il dibattito un po’ asfittico dell’accademia e partecipò in prima persona alle battaglie sull’impatto sociale del progresso, dal disastro di Seveso alla lotta contro il nucleare.

Fu tra i fondatori di Legambiente e delle riviste che per prime portarono in Italia l’ecologia politica e le teorie della complessità (soprattutto l’amato Gregory Bateson); animò i corsi delle «150 ore» in cui docenti, studenti e operai si incontravano nell’università: accettò anche la candidatura nelle liste di Sinistra Ecologia e Libertà.

A ricordare la sua vicenda intellettuale e politica saranno il premio Nobel Giorgio Parisi, Elena Gagliasso, Giovanni Jona-Lasinio e Sergio Bellucci, che con lui hanno condiviso ricerca e militanza. Con loro anche la nuova generazione di storici della scienza che fanno tesoro della lezione ciniana come Giulia Rispoli, Mauro Capocci, Pietro Omodeo e Simone Turchetti.

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