Tra Netflix e Facebook, trova le differenze
Oligopoli digitali Cambridge Analytica, fatta opportunamente scomparire, resta un epifenomeno e la privacy continuerà ad essere massicciamente violata in quanto giacimento dove si estrae il carburante del neurocapitalismo
Oligopoli digitali Cambridge Analytica, fatta opportunamente scomparire, resta un epifenomeno e la privacy continuerà ad essere massicciamente violata in quanto giacimento dove si estrae il carburante del neurocapitalismo
The Great Hack, Privacy violata documentario diffuso su Netflix dal 24 luglio 2019 e recensito dal manifesto, si unisce al coro d’indignazione levatosi dopo la rivelazione del grande scandalo politico Facebook-Cambridge Analytica.
In quella occasione la società inglese di consulenza diretta da Alexander Nix e cofondata da Steve Bannon, ideologo del trumpismo, aveva raccolto ed utilizzato, a loro insaputa, i dati personali di milioni di profili Fb per scopi di pubblicità politica a sostegno della vittoriosa campagna di Trump del 2016.
Al di là dell’apprezzabile fine divulgativo, quello che sorprende e fa riflettere è un certo manicheismo degli autori che si accontentano di mettere in scena un’infantile divisione fra i tanti buoni ed il grand vilain, Alexander Nix criticando le deboli scuse di Zuckerberg. Il che fra l’altro non deve dispiacere troppo a Netflix che ormai si trova in concorrenza frontale con Fb.
Non viene messo in luce che Brittanny Kaiser, ambiguo personaggio chiave e whistleblower pentita, viene assunta da Ca e messa a dirigere il “contratto Trump” proprio grazie, fra l’altro, alla sua esperienza nella prima campagna tecnologica americana di Obama. Nel “contratto Trump” viene usato lo stesso approccio funzionale basato sul datamining degli elettori indecisi, negli swing States. Con la differenza che CA dispone di giacimenti di big data immensamente più estesi, estratti dal profondo del bios mediante la malcelata complicità di Fb.
Al di là della facile indignazione è però fuorviante far credere che Trump sia stato eletto grazie ad un raffinato complotto algoritmico e tecnologico che manipola le menti degli elettori più influenzabili. Sembra molto più plausibile che le ragioni politiche profonde della vittoria trumpiana siano le stesse di quella del Brexit o del recente 34% italiano della Lega alle europee.
Il fascismo 2.0 trova il campo libero grazie alla morte della sinistra novecentesca: in tale contesto i vari Trump, Salvini, Bolsonaro, Boris Johnson etc. interpretano lo stesso ruolo spettacolare usando ingredienti simili. Un mix di sfida aggressiva e minacciosa, di incitazione all’odio ed alla vendetta, di volgarità (specialità soprattutto italiana questa) ma anche di uso spinto dei social.
In Italia c’è la Bestia, la struttura social salviniana, ed anche qui, non a caso, il nome viene ripreso da The Beast, il sistema informatico della campagna Obama del 2012. Queste modalità quotidiane stanno fascistizzando il discorso ed i comportamenti di larghi strati di popolazione facendoli talvolta diventare elettoralmente maggioritari nello sfacelo finale della rappresentatività.
La politicamente traballante Ue dei decenni di austerità neoliberista a conduzione franco-tedesca, che arricchisce a dismisura la finanza e le élites europee impoverendo tutti gli altri, è la causa di questo fenomeno non certo un argine a cui dovremmo paradossalmente aggrapparci. Il solo argine efficace da opporre al capitalismo è basato su un cambiamento radicale dei rapporti di forza (la rivoluzione si diceva nel XX secolo).
Non emerge invece nel documentario di Netflix e raramente altrove il reale rischio di fondo che fronteggiamo: la plasticità dell’oligopolio digitale, di cui Netflix fa parte allo stesso titolo di Fb, nell’adattarsi al fascismo 2.0. Come dimostra l’ottemperanza di Google all’ordine di boicottaggio di Huawey, Silicon Valley si adegua all’esempio della scuola neoliberista che ha lunga esperienza in merito sin dai tempi dell’intervento dei Chicago Boys nel Cile di Pinochet.
Cambridge Analytica, fatta opportunamente scomparire, resta un epifenomeno e la privacy continuerà ad essere massicciamente violata in quanto giacimento dove si estrae il carburante del neurocapitalismo. Sono in gioco invece i poteri globali dell’oligopolio digitale che, apprestandosi a battere moneta, veicola già ora gli umori tristi della macchina di guerra contro le popolazioni in cui il fascismo 2.0 diventa, secondo convenienza, uno degli stakeholder politici. Questo è il vero Great Hack contro le popolazioni che Netflix non denuncerà mai.
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