Visioni

Tra ipnotiche suite e gracidar di rane, Rocco De Rosa

Tra ipnotiche suite e gracidar di rane, Rocco De RosaRocco De Rosa

Dischi Due album del pianista e compositore lucano instancabile esploratore di linguaggi e sonorità. Ha lavorato anche per la tv, il cinema e il teatro

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 30 marzo 2014

Tra i migliori talenti «cresciuti»nel laboratorio di via Tomacelli, i materiali musicali del manifesto cd, il pianista e compositore Rocco De Rosa ha acquisito fama e solidità nel corso di una fortunata carriera pluriventennale che l’ha portato a lavorare anche per la tv, il cinema, il teatro. Dal primo 45 giri Kufia, canto per la Palestina, del 1990 passando per il progetto Trasmigrazioni (con Daniele Sepe e Paolo Fresu) e Hata (con Martin Kongo, molto nota perché inserita nella colonna sonora di Aprile di Nanni Moretti) fino ai dischi più compiuti a suo nome come Rotte distratte e Trammari e tantissime collaborazioni d’ogni genere. Da qualche settimana è in circolazione Sonoaria, un doppio cd su etichetta Helikonia (distr. Egea), una sorta di summa della sua produzione con un primo disco antologico che raccoglie il meglio dei suoi vari album, andando a ritroso, con quattro brani inediti, tutti realizzati col gruppo dei suoi storici accompagnatori, un sestetto che annovera Pino Pecorelli al contrabbasso, Pasquale Laino ai fiati, Alessandro D’Alessandro all’organetto, Antonio Franciosa alle percussioni, Claudio Merico al violino e Santi Pulvirenti ai plettri e un secondo disco, in piano solo, un po’ la fotografia della passione attuale di De Rosa, lavoro non a caso registrato live , al Goethe Institut di Roma nel 2013.

Sono due delle tante facce di questo brillante pianista lucano (trasferito a Roma dal ’95), instancabile esploratore di linguaggi e sonorità, che ha cercato una cifra autentica e personale, giocando con ritmi e melodie che attingono a una memoria sonora collettiva, tra antico e modernità, con tinte profondamente mediterranee, pescando anche nel repertorio tradizionale della Basilicata coi suoi tempi lenti e disperati. I quattro brani inediti, suonati col gruppo, che aprono il cd sono il punto d’arrivo di questa ricerca sonora dalle nuance cadenzate, accattivanti, ipnotiche, con la travolgente marcetta di e il divertissment di una sinfonia animalista campagnola, Uncan Perlaia, condita di latrati di cane, gracidar di rane, belati di pecora, in parte live, in parte riprodotti in studio.

Il secondo cd contiene 11 brani di piano solo, in gran parte inediti. Gradevole, ragionato, De Rosa è un pianista pronto a captare un refrain, saltarci sopra, analizzarlo, rivoltarlo, insinuandosi nei dettagli più nascosti, nelle zone d’ombra più fitte, con una soave capacità di intrecciare fili d’unione, d’inseguire la bellezza di sonorità semplici quanto eleganti. Un paesaggio sonoro acuminato, irregolare, d’estrema coerenza, quasi un distillato essenziale di quel grande senso d’armonia rintracciabile nel patrimonio storico della sua terra, «un linguaggio di sintesi – come scrive Carlo Boccadoro nella presentazione – dove gli elementi primari sono talmente stemperati nel risultato finale da essere talvolta irriconoscibili, ma nonostante questo presenti sempre come linfa vitale».

Nel corso dello showcase di presentazione all’Apollo 11 di Roma, De Rosa ha fatto outing confessando di non aver mai studiato la musica e di non saper leggere gli spartiti eppure rivendicando il suo itinerario, tenace e originale, da autodidatta, da ispirato acchiappanote che ripete fraseggi e assoli. In questi monologhi al pianoforte, ci sono pure brani che cominciano come esercizi alla tastiera e trascolorano in un linguaggio più intimo e scarno, sull’onda dell’improvvisazione, dove però melodie e armonie incatenano l’attenzione degli ascoltatori. In queste ultime stagioni De Rosa ha privilegiato questo approccio sia con l’attività di sonorizzazione al pianoforte di classici del muto (da Chaplin a Keaton) sia con l’accompagnamento alle letture degli scrittori del festival romano Letterature, tuttavia il suo atteggiamento poliedrico non viene sacrificato e il connubio/collaborazione con l’altro «amaro lucano», il chitarrista e cantautore Canio Lo Guercio va avanti anche con performance e live show.

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