Un colpo per uno, con in palio la vittoria all’interno del centrodestra e sulla pelle di centinaia di migliaia di persone. Berlusconi fucila lo ius soli: «Legge sbagliata al momento sbagliato». Matteo Salvini si occupa del biotestamento. Messaggi inviati all’elettorato di destra ma anche colpi scambiati per attrarre sulla propria lista quell’elettorato.

Berlusconi è impegnato in una guerra su due fronti, e quello interno, la sfida con Salvini, non è meno importante della campagna elettorale vera e propria. La trovata della candidatura del generale Gallitelli ha suscitato nella Lega irritazione e preoccupazione. La manovra del leader azzurro è chiara. I suoi focus group hanno messo a punto l’identikit del candidato che piacerebbe agli italiani. Non deve essere un politico, perché nessuno è più detestato dei politici. Deve essere una figura d’ordine, perché gli elettori si sentono minacciati anche se neppure loro saprebbero indicare con precisione la minaccia. Deve rassicurare e nulla è più rassicurante di una divisa. Su questa base l’ex Cav ha lanciato il suo primo ballon d’essai. E’ facile profetizzare che altri seguiranno.

Solo che non si tratta di individuare un vero candidato premier. In quel ruolo Berlusconi vede bene solo se stesso. Si tratta di trovare la bandiera giusta da sventolare per calamitare voti sul partito azzurro, voti che poi il capo considererà suoi personali. Al momento, secondo i sondaggi, Fi stacca la Lega di un punto e mezzo, ma a colpi di trovate simili e riuscendo a mettere in campo il prestanome, pardon il candidato, giusto, la forbice è destinata ad ampliarsi. Salvini lo sa e contrattacca ma è costretto a inseguire. L’ex Cavaliere ha il vento in poppa ed è un altro punto a suo favore il fatto che ieri sera, su La7, l’arcinemico Scalfari abbia confermato il suo semi-endorsement: «La morale è una cosa e la politica un’altra. Tra Di Maio e Berlusconi voterei il secondo». Il leghista si lancia dunque in un affondo: «Se lanci un premier al mese non sei serio e se parli di ministri quando ancora non c’è un programma comune non fai un’operazione utile».

Dai toni del capo leghista trapela una comprensibile nervosismo, tanto più che FdI è molto meno caustica. A Giorgia Meloni e La Russa l’idea di un generale a palazzo Chigi piace, e soprattutto piace al loro elettorato. «Gallitelli mi piace più di altri nomi ma sarei più cauta», dice Meloni, ben più accomodante del leghista. Ma il punto dolente non riguarda solo la propaganda. La tensione corre anche sul filo dei programmi, o meglio dell’impostazione di fondo. Ieri a Montecitorio Fi si è astenuta sulla proposta leghista di cancellare gli sconti di pena per i reati di omicidio e stupro, sostenuta anche da Pd, M5S e FdI. La proposta è passata ma il mancato appoggio degli azzurri è stato vissuto da Salvini come uno schiaffo.

Ma la partita dura arriverà solo quando si aprirà il tavolo delle candidature e lì Berlusconi spera di poter giocare un asso. Verdini non ha ancora deciso se schierarsi con Arcore o con l’amico fiorentino. Esclude solo «quarte gambe della destra» di sorta. Se tornerà all’ovile e siederà al tavolo delle candidature in rappresentanza di Fi, per Berlusconi sarà un punto a favore forse decisivo.-