Una porta chiusa, isolata, sulla sinistra della scena, è lo sfondo di un assolo, gesti che intrecciano schegge di movimento quotidiano al flusso sfuggevole della danza. Interprete e autrice Carolyn Carlson, visionaria artefice di un mondo che si rinnova, folgorante da decenni, nei suoi disegni, nelle sue poesie, nelle sue tante creazioni per la scena. Un maestro, una pedagoga, un’esploratrice instancabile del rapporto tra anima e movimento, teso a ritrovare attraverso la danza un’armonia ciclica. «La vita non è altro che una continua danza di nascite e morti, la danza del cambiamento» scrive Sogyal Rinpoche ne Il libro tibetano del vivere e del morire, tra i testi ispiratori di Carlson da tempo.

L’ASSOLO è il breve prologo al debutto italiano di Crossroads to Synchronicity che Carlson, accompagnata dal suono evocatore del sassofono di Guillaume Perret, ha ballato al Comunale di Ferrara in omaggio a un teatro che tante volte l’ha ospitata. Un assolo pungente, danzato senza mai uscire dallo sfondo, un icastico, dinamico disegno di mani, di braccia, di torso, graffiato in un piccolo spazio: quasi una agguerrita, ma solare preghiera sul nostro mondo, un assolo che non tradisce il credo in quella ecology of stage di cui Carlson è paladina fin dal 1968. Il prologo introduce Crossroads to Synchronicity, spettacolo che rielabora in una feconda sintesi Synchronicity, passato nel 2012 al festival BolzanoDanza. Sei danzatori, legati da molti anni a Carolyn, come gli italiani Sara Orselli e Riccardo Meneghini, sei artisti co-autori secondo quell’approccio alla creazione, dall’improvvisazione alla composizione, che caratterizza il lavoro della coreografa.

IL RICHIAMO è a Jung e al suo pensiero sulla «sincronicità» che mette in rilievo nelle nostre vite la coincidenza degli eventi secondo l’Oriente de I Ching (Il libro dei mutamenti). I sei abitano una scena surreale in cui appaiono porte, qualche sedia, un tavolo, una finestra dietro alla quale scorre, in una dimensione più piccola rispetto al 2012, il film in slow motion, davvero ora un mondo «out of the window», un altrove temporale e spaziale che non invade la scena ma la sdoppia in punti di coincidenza approfondendone la grana.

LA DANZA intreccia assoli dalle dinamiche ora aguzze, ora circolari, che nell’incontro con gli altri diventano unisoni. La colonna sonora è un flusso memoriale tra Ry Cooder e Bruce Springsteen, Tom Waits e Bob Dylan. Parla con Carlson il respiro non verbale della danza, dentro la coreografia, dentro la musica, dentro le immagini. Un respiro che arriva al pubblico senza bisogno di mediazione.