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Toto: «Quella lunga session con Miles Davis…»

Toto: «Quella lunga session con Miles Davis…»La recente formazione dei Toto, sotto la cover del nuovo album

Intervista Dopo nove anni esce il quattordicesimo album da studio per la superband Usa. «La kalimba di Africa? Frutto di una tastiera Yamaha, mettendo insieme 5 riff registrati contemporaneamente»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 25 marzo 2015

Nei settanta e primi ottanta, l’età d’oro dei supergruppi, i Toto hanno rappresentato una anomalia. Rock – certo e non potrebbe essere altrimenti viste le esperienze di Lukather, Paich e soci – ma anche tanto pop – ballate come Africa rendono svariate royalties ogni anno agli autori – e poi funk e qualche incursione nel progressive (Hydra, nel 1978, forse uno dei loro album migliori). Nei giorni scorsi il nome della band è tornato sulle prime pagine dei giornali per un evento luttuoso, la morte di Mike Porcaro, il bassista della band colpito nel 2007 dalla Sla. Delle condizioni del compagno e fratello la band ha parlato sempre durante i concerti, raccogliendo anche denaro per le campagne di sensibilizzazione e di ricerca contro il terribile morbo di Lou Gehrig.
Nel corso degli ultimi anni più che sull’attività discografica i Toto hanno badato alla scena live, ma il digiuno è stato rotto in questi giorni dalla pubblicazione di una raccolta di nuovi brani Toto XIV – quattordicesimo album da studio. E dentro c’è esattamente quello che i fan desiderano: rock, afflato melodico debordante e una formidabile preparazione tecnica. Qualitativamente, va detto, una spanna sopra agli ultimi claudicanti lavori… A parlarne i due «leader» David Paich e Steve Lukather. +

I Toto sono una band che sin dall’inizio ha inteso la musica su vari livelli, dal rock al pop passando per il progressive. Toto XIV sembra orientarsi decisamente verso il sound che caratterizzava il vostro quarto e più fortunato album. È una mia impressione? 

È un’impressione giusta – risponde David Paich. Penso che ogni paragone con quel disco rappresenti un complimento e questo accade anche perché nelle nuove canzoni sono coinvolti molti dei membri che realizzarono nel 1982 quel lavoro. Steve Lukather, Steve Porcaro, Dave Hungate, Joseph Williams ed io.

Qual’è stato il criterio di scelta dei dodici pezzi? 

Molto viscerale, certo pensiamo ai nostri fan ma prima di tutto devono essere canzoni giuste per noi.

Toto XIV COVER CDVD

Siamo inequivocabilmente in un’era «post disco», all’oggetto fisico dalle vendite stellari si è sostituito il download e lo streaming. La pirateria, poi, la fa da padrone. In uno scenario del genere ha ancora senso nel 2015 incidere dischi? 

Siamo musicisti e ovviamente vogliamo che la nostra musica venga ascoltata dal maggior numero di persone. Certo non ci aiuta che il lavoro di mesi o anni venga scaricato gratuitamente o piratato. Trovo in ogni caso interessante la riscoperta da parte dei più giovani del vinile… In ogni caso che sia vinile cassetta, disco cd o streaming, l’importante è che si ascolti la musica.

Riascoltando un vostro classico anni ’80, Africa – forse il vostro pezzo più celebre – si resta sempre un po’ incantati dall’uso di uno dei primi sintetizzatori Yamaha, con un suono che sembrava quasi una kalimba…

Era il terribile Yamaha GS1. Cercavamo un suono simile a quello che ci aveva fatto ascoltare un nostro amico di Bali. L’abbiamo costruito in sala mettendo insieme 5 piccoli riff registrati contemporaneamente. E l’effetto dava proprio l’idea di un viaggio in Africa….

Nelle vostre canzoni molti riferimenti al jazz o alla black music. Dal lavoro con George Benson per «Lady Love me» nel 1983 oppure Georgy Porgy, con il contro canto della disco diva Cheryl Linn… 

Sono cresciuto ascoltando jazz e soul, uno dei miei dischi preferiti è I want you di Marving Gaye prodotto dal mio caro amico Leon Ware. Ha avuto un enorme impatto su di me. A proposito di Cheryl, io e mio padre producemmo il suo primo disco, quello che conteneva il suo celebre hit Got to be real…

Steve, hai suonato in studio e dal vivo per un numero impressionante di star. Come riesci a entrare in sintonia con artisti dagli stili così diversi mantenendo un sound personale?

Mi sembra una cosa normale. Amo ogni genere di musica e gli artisti che la eseguono, così tengo sempre la mente aperta e questo mi aiuta sia in veste di turnista in sala che in quella di autore.

Come avete convinto Miles Davis a suonare su Don’t stop me now, un pezzo inserito in Fahrenheit (1986)? 

(S.L.) Davis stava registrando Amandla in cui aveva deciso di inserire Human nature, il pezzo di Michael Jackson cofirmato anche da Steve Porcaro e così ci ha chiesto di lavorare con lui. A un certo punto io e Dave gli facemmo ascoltare Don’t stop me now, rimase così colpito che decise di suonarci sopra.
Ma non è finita, perché poco dopo ascolta l’intero album, ne è entusiasta, e chiama per chiedermi se volevo unirmi alla sua band. Ti sembrerò un pazzo ma ho dovuto dirgli di no perché stavo per partire in tour con i Toto. Spesso mi chiedo come sarebbe stato lavorare con quel genio… In ogni caso, Miles diede anche una sua versione di Don’t stop me now. Sapere di avere contribuito a scrivere un pezzo per lui significa ancora oggi molto per me.

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