Giovanni Toti, agli arresti domiciliari nella sua villa di Ameglia dallo scorso 7 maggio e accusato di corruzione, si è dimesso da presidente della Regione Liguria. La decisione arriva dopo un braccio di ferro di quasi tre mesi con la procura di Genova. I giudici sostenevano che se fosse rimasto in carica avrebbe potuto reiterare i reati, dunque avevano rigettato ogni istanza di revoca delle misure restrittive. Di più: la procura stava valutando il giudizio immediato: per legge deve avvenire durante la custodia cautelare. Gli avvocati dell’ormai ex presidente, dal canto loro, chiederanno di nuovo che venga liberato. Nei primi giorni della prossima settimana la matassa giudiziaria comincerà a essere sbrogliata, con l’esame dell’istanza dei difensori e la decisione sul giudizio immediato.

SECONDO le carte in mano ai pubblici ministeri, il governatore avrebbe ricevuto finanziamenti dagli imprenditori Aldo e Roberto Spinelli per agevolare le pratiche di loro interesse: dalla proroga trentennale della concessione per il terminal Rinfuse alla spiaggia libera di Punta Dell’Olmo fino all’assegnazione di spazi nel porto e il tombamento di Calata Concenter. Insieme a quello che all’epoca era il suo capo di Gabinetto e braccio destro Matteo Cozzani, Toti si sarebbe fatto pagare una serie di spot elettorali per le elezioni amministrative e politiche del 2022 da Esselunga grazie all’interessamento del consigliere di amministrazione Francesco Moncada. Questo quadro giuridico si intreccia inevitabilmente con il contesto politico.

La destra sostiene che gli inquirenti avrebbero preso in ostaggio l’istituzione regionale e di fatto costretto Toti al passo indietro, anche se dalla sua stessa maggioranza si dice che lo stesso presidente si sia sentito abbandonato dai partiti che lo avevano sostenuto. Dall’opposizione di centrosinistra si sottolinea invece che l’inchiesta ha scoperchiato, a prescindere dall’esito dei processi, uno scenario che evidenzia la sottomissione delle scelte amministrative della giunta regionale alle esigenze di poteri economici e imprenditori smaliziati.

LE DIMISSIONI (fissate su carta da Toti, scritte a mano in stampatello) saranno formalizzate martedì in consiglio regionale. Da quel giorno scatterà il conto alla rovescia dei 90 giorni entro cui fissare le elezioni. Dunque, in Liguria si dovrebbe votare prima che in Emilia Romagna e Umbria. Significa che il centrosinistra ha l’opportunità di conquistare tutte e tre le regioni entro la fine dell’anno, strappandone due alla destra. Per quanto possa sembrare azzardata l’ipotesi che Giorgia Meloni tenti di andare al voto anticipato una volta che una serie di nodi arriveranno al pettine (dalle difficoltà sulle riforme ai problemi di bilancio e politica economica), di certo il filotto delle tre regioni costituirebbe un colpo duro per la premier.

Per questo Elly Schlein descrive il voto ligure come «Un’occasione per le forze alternative alla destra». Ma la segretaria dem evita di circoscrivere il perimetro delle alleanze: «Molto prima che ragionare sui perimetri delle forze politiche o sui nomi, bisogna che ci mettiamo d’accordo sulle cose che bisogna fare» ribadisce. Intanto, Matteo Renzi prosegue le sua manovre di avvicinamento: «Cosa comporta per noi questa alleanza? – scrive nella sua newsletter – Stare nella coalizione di centrosinistra in modo organico alle future regionali». Più confuso il posizionamento di Azione.

Carlo Calenda usa parole nette: «È indegno forzare le dimissioni con misure cautelari». Ma sul territorio i suoi paiono ben disposti: la coordinatrice regionale di Azione, Cristina Lodi nei giorni scorsi era alla manifestazione a Genova con Schlein, Conte, Fratoianni e Bonelli per chiedere le dimissioni di Toti, con la piazza che reclamava con insistenza «Unità unità». «Ragionare di una grande coalizione come sta accadendo in Emilia Romagna è la strada vincente», dice Lodi.

DA SETTIMANE è scattato l’inevitabile toto-nomi. Il principale indiziato è Andrea Orlando. «Vedremo – diceva l’ex ministro due settimane fa chi gli chiedeva se sarebbe sceso in campo – La cosa non è ancora stata formalizzata, ma se emerge una candidatura che unisce più della mia sarò il primo a sostenerla». La Lega vorrebbe piazzare Edoardo Rixi, magari in cambio della casella attualmente occupata da Luca Zaia in Veneto. FdI avrebbe suggerito agli alleati di puntare su una candidatura civica come in Emilia dove correrà Elena Ugolini.

Ferruccio Sansa, che sfidò Toti nel 2020, si dice soddisfatto: «Quando siamo entrati in consiglio regionale avevamo l’obiettivo di fare in modo che finisse il ‘totismo’ – sentenzia – Oggi sento che abbiamo vinto, è finito un modo di fare una politica dove gli interessi di chi finanzia vengono prima dei cittadini. Non sono stati soltanto i giudici a mandare a casa Toti. Se ci sono stati reati, lo diranno i magistrati. Ma in Liguria non era l’interesse dei cittadini a guidare la politica. No, erano anche i soldi e i finanziamenti a decidere». Poi un segnale alle opposizioni: «Adesso serve un cambiamento totale. Sarebbe un errore fatale pensare che il nostro scopo sia soltanto prendere il posto di Toti. Sostituire la sinistra alla destra, i finanziatori e gli amici nostri a quelli di Toti».