Tosi si candida in Veneto (e punta a Roma)
Regionali Dopo l’espulsione dalla Lega il sindaco di Verona annuncia la sua candidatura a governatore. E' appena partito ma già finisce nell'imbuto delle alleanze: «Sono l’anti-Renzi, ora in regione, poi penseremo al resto d’Italia». Salvini? «Mai visto trattare così le minoranze»
Regionali Dopo l’espulsione dalla Lega il sindaco di Verona annuncia la sua candidatura a governatore. E' appena partito ma già finisce nell'imbuto delle alleanze: «Sono l’anti-Renzi, ora in regione, poi penseremo al resto d’Italia». Salvini? «Mai visto trattare così le minoranze»
«Sono qui per candidarmi a governatore della Regione Veneto». Se l’ora è storica, scoccano le 11.48 quando Flavio Tosi pronuncia la frase all’ordine del giorno da una dozzina di giorni. Espulso dalla Lega, il sindaco di Verona riunisce la convention della sua Fondazione «Ricostruiamo il Paese» (una sigla che innesca inevitabili commenti fra gli avversari…) e regola tutti i conti.
«Nemmeno Renzi avrebbe fatto quello che ha fatto Matteo Salvini con la sua minoranza interna» scandisce Tosi. E dietro la maschera del galateo («Rispetto, sempre, per gli avversari e gli amici che restano tali dopo 25 anni») si fa strada la rabbia di chi deve chiudere nel cassetto dei ricordi la prima tessera di cartone per colpa dell’ultimo lombardo che taglia le teste dei veneti. Il delfino di Bobo Maroni, il sussidiario del buongoverno, il leader del «regno padano» al crocevia con Trentino ed Emilia si presenta solo con il suo Faro, la promessa di restare «paròni in casa nostra» e il sogno di archiviare Berlusconi.
[do action=”quote” autore=”Flavio Tosi”]«Nemmeno Renzi avrebbe fatto quello che ha fatto Matteo Salvini con la sua minoranza interna»[/do]
Commosso: è l’addio a un quarto di secolo nella Liga veneta. Ha la voce che tradisce l’impaccio da «uomo libero sulle proprie gambe». Spegne il microfono e impreca, mentre si ritrova davanti agli occhi Maria Sedlakovic (che il 28 ottobre aveva già sbraitato durante il dibattito con Corrado Passera). Parla al pubblico per una ventina di minuti, meno di quanto dedica al «circo mediatico». E confessa candidamente di non avere ancora un programma elettorale né perimetrato le alleanze.
È un Flavio Tosi definitivamente doroteo, votato alla sussidiarietà nazionale, quasi la proiezione di Gabriele Sboarina (“re” della Verona democristiana) oltre l’Adige.
«Chiudere con la Lega è difficile, ma non è più quella di Miglio né del vero Bossi. Avrei potuto dedicarmi all’orto. O andare in seminario, ma Patrizia (la senatrice Bisinella, attuale fidanzata ndr) non è d’accordo. Allora ripartiamo da federalismo, autonomia e libertà» spiega prima dell’annuncio ufficiale con cui inizia la sfida a Luca Zaia e soprattutto a Salvini.
Fine del mito leghista, comincia la stessa avventura di Fini e Alfano.
Tosi non è più quello con la tigre al guinzaglio, la camicia verde della Guardia Padana, il flirt con l’anima nera della città, la condanna per violazione della legge Mancino, il politico che querela a raffica, il marito della berlusconiana Stefania Villanova. Da ieri Tosi incarna il moderato veneto del Duemila, con un occhio alla Curia (e agli amici ciellini…) e l’altro alle lobby, il tricolore di Napolitano e Passera da sventolare insieme alla «speranza vera di un cambiamento vero».
Lo rivendica dal palco di VeronaFiere, da sindaco e da ex assessore regionale alla sanità. «Siamo popolari, per il liberismo. Abbiamo gli stessi valori fondanti: famiglia, lavoro, amicizia, solidarietà. E il Veneto è un laboratorio politico innovativo: oggi parte da qui la sfida alla sinistra di Renzi. Un’alternativa vera e concreta che si allarga al resto d’Italia. Sono sindaco di Verona, l’unica grande città governata dal centrodestra. E il modello resta sempre lo stesso: tenere insieme il centro e la destra…».
Bruciati i ponti alle spalle, Tosi è già dentro l’imbuto altrui. Alle Regionali può contare sulla lista personalizzata, affiancata forse dagli «autonomisti» di Fabrizio Comencini (come lui «segretario nazionale» della Liga, espulso nel 1998) ma non da Fratelli d’Italia. Da domani si capirà se, sul serio, Tosi calamita i “fittiani” come Leonardo Padrin o l’intero Ncd del vice-governatore Marino Zorzato.
Sintomatico sul listòn di piazza Brà il funerale celebrato da Forza Nuova in contemporanea al discorso in Fiera.
Ma anche il progetto di Lista Tosi alle Comunali di Venezia (magari a sostegno di Francesca Zaccariotto che ha stracciato con largo anticipo la tessera leghista).
Il fedelissimo comunicatore Roberto Bolis è già in trincea. Si contano i parlamentari devoti (Raffaella Bellot, Emanuela Munerato, Matteo Bragantini) e si schierano le truppe in consiglio regionale: Verso Nord dell’ex Margherita Diego Bottacin con l’assessore Daniele Stival e il veronese Giuseppe Stoppato più Impegno Veneto con Luca Baggio, Francesco Piccolo e Matteo Toscani. Si ricomincia dalle 30 mila preferenze raccolte da Tosi alle Europee, ammesso che l’ormai ex leghista sia altrettanto amato.
Ieri Luca Zaia era di nuovo a fianco di Salvini: «Se qualcuno si perde per strada perché perde l’obiettivo è affar suo, non nostro. A Tosi dico in bocca al lupo, come a tutti i candidati» dichiara il governatore, che si aspetta il bis.
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