Toscana, ancora una fabbrica che chiude
Crisi industriali Cancelli sbarrati alla Vibac di Mercatale di Vinci, nell'empolese valdelsa, con 120 operai licenziati dall'oggi al domani. Mentre alle Acciaierie di Piombino nuovo ritardo di altri quattro mesi per il piano industriale di Jindal Steel.
Crisi industriali Cancelli sbarrati alla Vibac di Mercatale di Vinci, nell'empolese valdelsa, con 120 operai licenziati dall'oggi al domani. Mentre alle Acciaierie di Piombino nuovo ritardo di altri quattro mesi per il piano industriale di Jindal Steel.
La raccomandata per annunciare il licenziamento di 120 operai non era ritenuta sufficiente. “Così ci è arrivata anche una mail – spiega Patrizio Santini della Rsu Vibac – alle sette di sera di mercoledì, con il turno notturno che partiva alle nove. Una mail per dirci che da quel momento ci era vietato entrare in fabbrica. Per ‘ragioni di sicurezza’”. Alla fine, il mattino dopo, per superare lo sbarramento delle forze dell’ordine ai cancelli dello stabilimento di Mercatale di Vinci, nell’empolese valdelsa, è arrivato a mediare il sindaco Giuseppe Torchia. “Volevamo perlomeno riprendere i nostri effetti personali – continua Santini – le tute da lavoro, i guanti e le altre cose che usiamo durante i turni. Solo dopo lunghe discussioni ci hanno permesso di rientrare in fabbrica, scortati dalle guardie giurate”.
Si faceva nastro adesivo nello stabilimento di Mercatale di Vinci, da decenni. E quando una decina di anni fa l’azienda originaria, la Syrom, era entrata in crisi, era arrivata la Vibac, gruppo leader nel settore del packaging adesivo, con la testa a Ticineto nell’alessandrino, altri tre stabilimenti in Italia (Termoli, L’Aquila e Potenza), e ancora uno aperto negli ultimi anni in Serbia, due in Canada e uno in Sudafrica. Una mini-multinazionale, peraltro a conduzione semifamiliare.
Nel 2017 c’era già stato un momento di crisi, superato con il sacrificio di una quarantina di tute blu e la cig per tutti gli altri addetti, con l’azienda che trasferiva parte della produzione in Serbia e negli altri stabilimenti italiani, per le maggiori agevolazioni che poteva ottenere. Però la proprietà aveva rassicurato gli operai. “L’obiettivo era di arrivare al ciclo continuo, con una produzione più specializzata. Erano state fatte anche nuove assunzioni. Adesso invece ci viene detto che siamo in perdita rispetto agli altri, e che il ramo malato va tagliato. Però i dati che abbiamo dicono tutt’altro”.
Ieri in sala mensa c’erano tutti, per un’assemblea a cui ha partecipato anche Enrico Rossi. “Sono venuto ad ascoltarli – riepiloga il presidente toscano – la Regione lavorerà per aprire un dialogo con l’azienda, con l’obiettivo di non chiudere lo stabilimento. Coinvolgeremo anche il governo nazionale”. Intanto per lunedì è stato fissato un tavolo di emergenza a Firenze, con l’assessore ombra al lavoro Gianfranco Simoncini, le istituzioni locali e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil.
Per certo l’apertura dell’ennesimo fronte sul versante delle crisi aziendali in Toscana è un segnale più che preoccupante. Anche perché le brutte notizie non arrivano mai da sole: nel pomeriggio il colosso Jindal Steel ha fatto sapere ufficialmente che per il piano industriale delle Acciaierie di Piombino ci sarà da aspettare almeno altri quattro mesi. L’ennesimo ritardo, per giunta con una produzione dei laminatoi a singhiozzo. E pensare che qualcuno aveva pensato negli ultimi giorni a Jindal per l’acquisto della ex Bekaert.
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