Toronto scopre l’Italia del «posto fisso»
Festival La scommessa della commedia. Checco Zalone e Gennaro Nunziante con «Quo vado» all’Iccf di Toronto, la rassegna dedicata al cinema italiano contemporaneo
Festival La scommessa della commedia. Checco Zalone e Gennaro Nunziante con «Quo vado» all’Iccf di Toronto, la rassegna dedicata al cinema italiano contemporaneo
«Grazie per aver costruito in fretta i grattacieli per farci piacere. Ne siamo rimasti molto impressionati». Le battute di Checco Zalone, nome d’arte di Luca Pasquale Medici, giunto per la prima volta a Toronto con il regista Gennaro Nunziante, hanno echeggiato per qualche giorno per le strade della città canadese. «Abbiamo fatto un giro per il centro – ha esordito Zalone all’incontro con stampa e pubblico all’Istituto Italiano di Cultura – questo è un posto dove i grattacieli ti fanno sentire piccolo piccolo. È stato un bagno di umiltà. In Italia la gente ci ferma, ci fanno foto. Qui non ci ha cagato nessuno». Ma la storia è cambiata la sera della proiezione di Quo vado, film di apertura dell’Italian Contemporary Film Festival (Icff), che ha registrato il tutto esaurito. Italiani e canadesi hanno fatto la fila per vedere il film, farsi selfie con Zalone e per fargli domande dopo la proiezione. In molti non sono riusciti a entrare in sala. Una bella soddisfazione per regista e attore che erano un po’ preoccupati che in Nordamerica non si comprendesse il concetto del posto fisso, alla base del loro Quo vado. «Per i canadesi chi ha il posto fisso è uno sfigato, perciò non so se capiranno il senso del film». E invece hanno capito benissimo.
«Non ho mai fatto un film drammatico ma penso di non essere portato per le cose serie. Con queste cazzate finché va non la smetto» ha detto Zalone al pubblico torontino. «A volte mi accusano perché io salvo i personaggi, ma io voglio accettare lo schifo che è in noi perché facciamo tutti un po’ schifo. Io e Gennaro rappresentiamo il limite tra il politicamente scorretto e il gratuitamente offensivo. Quel limite non lo sorpassiamo mai, ci piace giocarci, ci viene naturale». Nunziante ha aggiunto che non ha girato il film per piacere al mercato nordamericano: «Se lo facessi, farei un prodotto solo per il mercato, io invece punto sulle persone. Ho visto una volta un film iraniano, con protagonista un bambino, che era stupendo e parlava di una storia locale. Ecco, a me piace la localizzazione. Uno scrittore diceva, racconta quello che sei e lo racconterai bene. Noi raccontiamo noi stessi e la nostra marginalità».
Zalone, che in Quo vado, lo ricordiamo, rappresenta un italiano che va a vivere all’estero pur di mantenere «il posto fisso», ha affermato che in Italia sono tutti esterofili. «Siamo i campioni dello schifare noi stessi. Quando andiamo all’estero tendiamo a schifare il nostro mondo, è questo che io prendo in giro con il film».
Quo vado è il film che ha incassato di più al botteghino nella storia del cinema italiano, sorpassando persino La vita è bella di Benigni. Il motivo per cui la commedia paga più del film d’autore o drammatico non è però un problema di Nunziante_ «Perché devo farmi io la domanda e non il cinema che non incassa? Non credo che il cinema d’autore venga distrutto dalla commedia. Nella stessa persona ci sono diverse parti, quella comica e quella tragica». Nunziante e Zalone ci hanno tenuto poi a sottolineare come stiano molto attenti a confezionare un prodotto di alta qualità, pur se si tratta di commedie – «Non so perché ma noi piacciamo e siamo originali ha incalzato Zalone – Ne hanno fatte tantissime di commedie dopo di noi, ma non hanno avuto la stessa fortuna. Sarà forse perché io non mi faccio vedere spesso, non faccio pubblicità in tv, e di questo sono fiero, perché voglio stabilire un rapporto di fiducia con il pubblico».
I due, che si sono incontrati per la prima volta quindici anni fa negli studi della televisione pugliese Tele Norba, non si fanno vedere troppo neppure ai festival. A Toronto, scherzano, sono venuti perché è un festival fatto da italiani, un po’ sfigato. «Comunque noi giriamo un film quando siamo sicuri che abbiamo cucinato un buon piatto – ha tagliato corto Nunziante, – A quel punto sappiamo che possiamo invitarvi a cena».
L’Iccf – che si è chiuso domenica – sta diventato un appuntamento molto atteso dal pubblico canadese. Cominciato come un cineforum a scadenza settimanale a casa di amici, con gli anni si è trasformato in un importante vetrina del cinema italiano. Lo scorso anno ha registrato quasi 30mila spettatori e quest’anno con un programma di 28 lungometraggi e 22 corti, ha dovuto aggiungere diverse proiezioni per soddisfare le altissime richieste di pubblico.
In cinque anni dalla fondazione il festival – che ha anche stipulato un accordo con il Niagara Integrated Film Festival (Niff) e coprodotto il programma «Spotlight on Italy» – si è spostato nella sede del Tiff, il TorontoIinternational Film Festival, uno dei più importanti festival di cinema del mondo e il più grande mercato cinematografico del Nordamerica. «Con il Tiff siamo diventati partner – racconta con una punta d’orgoglio Cristiano De Florentiis, co-fondatore e direttore artistico dell’Icff – una cosa molto difficile da ottenere. I film che hanno successo da noi per loro sono un buon test per capire quali film italiani possono interessare il pubblico canadese». E da regionale, l’Iccf sta diventando anche nazionale; oltre alle sale in Ontario, a Toronto, Vaughan, Hamilton e Niagara Falls, ne sono state aggiunte altre a Montreal e Québec city, in Quebec.
La selezione punta soprattutto sulle commedie. «È stato l’unico modo per attirare il grande pubblico – spiega De Florentiis – Anche se piano piano il festival comincia a sostenere le opere di registi emergenti, non solo italiani ma anche italo-canadesi, come The Bookstore di Alberto Diamante. In generale noi offriamo l’opportunità unica per il Nordamerica di vedere film come Mia madre di Nanni Moretti, La stoffa dei sogni di Gianfranco Cabiddu, Ustica di Renzo Martinelli, Io e lei di Maria Sole Tognazzi, Cloro di Lamberto Sanfelice, La prima luce di Vincenzo Marra, La felicità è un sistema complesso di Gianni Zanasi, Tutte le strade portano a Roma di Ella Lemhagen, e anche L’abbiamo fatta grossa di Carlo Verdone (regista a cui l’anno scorso il festival ha consegnato il premio alla carriera), Loro chi? di Fabio Bonifacci e Francesco Miccichè, e Torno indietro e cambio vita di Carlo Vanzina, La corrispondenza di Giuseppe Tornatore prsentato in chiusura.
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