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Tornano gli aforismi delle «Voci» di Antonio Porchia che fu apprezzato da Borges, Breton, Queneau

Tornano gli aforismi delle «Voci» di Antonio Porchia che fu apprezzato da Borges, Breton, QueneauAntonio Porchia

Scaffale Per Argolibri la traduzione del volume del 1943. Come sottolinea la poetessa Alejandra Pizarnik in una lettera riprodotta a inizio volume, «Porchia è riuscito a restituire alle parole la loro missione primordiale: quella di illuminare l’essenza dell’essere umano»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 5 luglio 2023

Antonio Porchia da Conflenti (Catanzaro), nato nel 1885 ed emigrato con i genitori in Argentina dove visse fino alla morte nel 1968, è stato un caso del tutto anomalo in ambito letterario. Osannato dai grandi del suo tempo come Borges, Breton, Deleuze, Queneau, Miller, Porchia fu l’autore di un solo libro, Voces, pensieri, aforismi, freddure, forse poesie, che l’editore Argolibri pubblica oggi meritatamente nella traduzione di Andrea Franzoni (Voci, pp. 140, euro 18). E fu subito Borges a capire e puntualizzare: «Le massime corrono il rischio di apparire come semplici equazioni verbali: siamo tentati di vedervi l’opera del caso o di un’arte combinatoria. Ma non è così nel caso di Novalis, La Rochefoucauld e Antonio Porchia. In ognuno di essi, il lettore sente la presenza immediata di un uomo e del suo destino».

E VA AGGIUNTO che lo stesso Porchia non amava definire le sue Voci poesie o aforismi perché, a mo’ di antesignano di moderne e beniane phoné, preferiva sottolineare la predominanza assoluta del suono, della voce. Perché? «È difficile dirlo – spiegava -. Tutto si ascolta. E si ascolta di tutto». Ascoltiamolo dunque. «Soli in pochi arrivano al niente, perché la strada è lunga». Oppure: «Quando non mi faccio del male ho paura di far del male». O ancora: «Vicino a me ci sono solo lontananze».

Irrompe subito la sua originalità, il suo estro creativo che non disdegna apparenti «banalità», o, come sottolinea la poetessa Alejandra Pizarnik in una lettera riprodotta a inizio volume, la sua purezza. «Porchia è riuscito a restituire alle parole la loro missione primordiale: quella di illuminare l’essenza dell’essere umano, come Blake, Hörderlin o Rimbaud». Ma proseguiamo con l’autore: «Ci sono cose che vivono una lunga vita, perché vivono morte», «Per strada solo la strada e dentro casa niente, nemmeno la strada», «Al mio silenzio manca solo la mia voce».

PORCHIA HA LA POSTURA delle avanguardie storiche come notò André Breton: «Antonio era un surrealista. Il suo pensiero è stato il più eclettico e poliedrico tra tutti gli autori in lingua spagnola». E dai surrealisti mutuava spesso lo stupore e l’ingenuità dei bambini: «L’uomo è una cosa che si impara da bambini. Una cosa di bambini». Insomma un autore che è bene riscoprire nella sua luminosità non prima di aver assimilato la sua lezione: «Nessuno è luce per se stesso: neanche il sole».

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