Oggi torna in edicola l’Unità. O meglio: torna in edicola Il Riformista diretto da Piero Sansonetti sotto la testata del giornale fondato da Antonio Gramsci che l’editore Alfredo Romeo ha comprato all’asta per 900 mila euro.

Si tratta infatti di un episodio unico nella storia del giornalismo mondiale, una sorta di esperimento genetico: trasporre un’intera redazione da una testata all’altra, spacciando l’operazione come una grande novità editoriale, nonostante mantenga perfino gli stessi inserti.

Ieri mattina il direttore Piero Sansonetti (che fu condirettore negli anni novanta dell’ex quotidiano del Pci) ha illustrato la spericolata operazione: «Dopo sette anni e alla vigilia del centenario, l’Unità torna nelle edicole. Fisicamente sarà un giornale piccolo, composto da dodici facciate, ma impegnato ad affrontare temi di grande rilevanza e profondità. E se all’origine era rivolto a contadini e operai, oggi sarà la testata anche di migranti e detenuti. Pur mantenendo sempre netta la propria indipendenza, sarà vicina al Pd, principale forza politica della sinistra, e al pensiero di papa Bergoglio che, attualmente, rappresenta un punto di riferimento ideologico. Il quotidiano, in edicola al costo di 1,50 euro, ha alle spalle una redazione dinamica di sei redattori per il cartaceo, pochi altri per l’online e da diversi collaboratori esterni», ha spiegato Sansonetti.

Fra questi non ci sono i 15 redattori dell’ultima edizione del quotidiano, devastato dal periodo renziano. Che hanno subito risposto a Sansonetti, contestando il riferimento a Gramsci e l’uso della storica foto con Berlinguer e la scritta “Eccoci”: «Questa Unità non ha nulla a che vedere con la testata fondata nel 1924, né con le battaglie del segretario del Pci perché con scientifica, padronale protervia calpesta ogni diritto dei suoi lavoratori: i giornalisti e poligrafici che hanno tenuto in vita il giornale sono stati esclusi, cancellati, perfino vilipesi. Lo ribadiamo al direttore Sansonetti e all’editore Romeo: la testata sono anche i lavoratori. Un concetto tanto più vero nel caso dell’Unità, per la storia e il ruolo del quotidiano fondato appunto da Antonio Gramsci. Un intero corpo redazionale spazzato via. Sansonetti – aggiungono – ci ha tacciato di essere renziani, proprio lui che ha lasciato il Riformista nelle mani del leader di Italia Viva. Molti di noi lavoravano a l’Unità quando Sansonetti era condirettore, e siamo noi ad aver subito l’ultima, indegna chiusura nel 2017 quando la governance del giornale era nelle mani dei Pessina, gli editori voluti dal senatore Renzi».

Sansonetti ha poi annunciato che «ogni giorno ci sarà una pagina dedicata allo straordinario archivio de l’Unità, dal 1947 ad oggi, patrimonio culturale di enorme valore, è in fase di riorganizzazione e sarà reso disponibile online quanto prima».

In realtà l’editore Romeo si è aggiudicato il bando della testata mentre a breve un altro bando riguarderà l’archivio storico della testata.
Si attende una presa di posizione del curatore fallimentare della vecchia Unità mentre non si escludono «diffide» per l’uso illegittimo dell’archivio storico del giornale.