Visioni

Torinodanza, culture e linguaggi del corpo

Torinodanza, culture e linguaggi del corpoUna coreografia da «Session» di C. Dunne & S. Larbi Cherkaoui

Festival L'edizione 2019 della rassegna, inaugurazione al Teatro Regio con «Sutra», pezzo storico del coreografo belga Sidi Larbi Cherkaoui

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 20 settembre 2019

Con uno sguardo appassionato verso la riflessione sull’incontro tra culture e linguaggi del corpo, armonie e disequilibri del nostro tempo, ha preso il via settimana scorsa Torinodanza festival. Inaugurazione al Teatro Regio con Sutra, pezzo storico del coreografo belga Sidi Larbi Cherkaoui, musica dal vivo di Szymon Brzóska, passato anche da Oriente Occidente, creato nel 2008 al Sadler’s Wells di Londra: una visione in cui la spiritualità si incarna in un virtuosismo del corpo abbacinante quanto asciutto. In scena con lo stesso autore, sostituito nella seconda replica da Ali Thabet, una ventina di monaci del tempio Shaolin, tra cui uno strepitoso ragazzino, alle prese con la scenografia di Antony Gormley: scatole lignee a misura d’uomo, spostate dagli interpreti in un fluire di geometrie e volumi variabili tra picchi di montagne stilizzate da cui lanciarsi in abito grigio, armadi/rifugio, templi in cui accennare gesti collettivi di preghiera. Un dialogo tra modi di vivere in cui Sidi Larbi (o Thabet) osserva e danza ai margini, interagendo con il ragazzino. Un classico di presa.

Coreografia di Michele Di Stefano. Foto di Andrea Macchia

LA DIRETTRICE del festival, Anna Cremonini, ha scelto Cherkaoui come artista associato della manifestazione, puntando – spiega – sulla generazione dei «post-maestri» con coreografi come Sidi, Akram Khan, e sulla loro necessità di raccontare un mondo in continuo divenire. Ieri sera e oggi, al Teatro Carignano, ecco quindi il Cherkaoui più attuale: nel recentissimo Session, attesa coproduzione del festival, Sidi si confronta con Colin Dunne, formidabile portavoce delle danze tradizionali irlandesi, autore del cult Riverside: un incontro emblema della volontà di relazione.

Tra i titoli visti fino a oggi, Anatomia al Gobetti conferma il rigore pungente di Simona Bertozzi, scambio serrato tra danza, musica, coreografia giocato dall’autrice con il compositore Francesco Giomi e la quattordicenne Matilde Stefanini. Divertissement culinario con Food di Luca Silvestrini, coreografo italiano residente a Londra, che ha svagato il pubblico mettendolo a tavola nel foyer del Carignano con degustazione finale di torta inglese cucinata dagli spettatori.

UN PLAUSO particolare all’originalità compositiva va alla performance site specific Orografia di Michele Di Stefano e Lorenzo Bianchi Hoesch (autore di musica e paesaggio sonoro). Riformulata da un lavoro nato l’anno scorso a Bardonecchia per il progetto Corpo Links Cluster, l’installazione parte dalla terrazza «con vista» del Museo della Montagna al Monte Cappuccini: cuffie in testa, le voci registrate di coreografo e danzatori, tra cui in terrazza Roberta Mosca e l’immancabile Biagio Caravano, ci guidano in un viaggio visivo sul rapporto tra corpo e paesaggio che spazia dalle montagne alla terrazza, tra vicino e lontano, giù, verso il ponte sotto La Gran Madre sopra il Po, e in corsa verso la cima della Mole che troneggia nel panorama. Un’iniezione di luce. Tra i prossimi ospiti Akram Khan (recensione domani da RomaEuropa), Peeping Tom, l’ex Fabre Lisbeth Gruwez, Naharin. Per info: www.torinodanzafestival.it

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