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Torino in crisi chiama Atene

Torino in crisi chiama Atene/var/www/ilmanifesto/data/wordpress/wp content/uploads/2015/03/03/l04desk1f01 lapresse torino fiom – Foto La Presse

L'assemblea Via al confronto su come far ripartire la sinistra in una realtà impoverita e cambiata

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 4 marzo 2015

Torino chiama Atene. E non è un collegamento causale: la prima è la città più impoverita del Nord Italia, quella con il record di sfratti e di ore di cassa integrazione; la seconda, pur in una crisi drammatica, ha ridato speranza alle lotte sociali e alla sinistra. Qui Fassino e Renzi, là Tsipras e Varoufakis, qui una sinistra frastagliata, litigiosa e poco efficace, là Syriza primo partito.

Non si tratta di una scomposizione manichea, ma della necessità di ricostruire relazioni e tessuto sociale, partendo dalla scossa ellenica, senza però l’illusione che modelli stranieri possano risolvere i nostri problemi.

Ecco perché, proprio a Torino, lunedì sera è iniziato, lontano da scadenze elettorali, un discorso su come la sinistra possa ripartire calandosi in una realtà impoverita e cambiata. «La sinistra è sociale o non è, è utile o non è» è stato il filo rosso degli interventi dell’assemblea, svoltasi alla Fabbrica delle E e organizzata da pezzi del sindacato (Fiom), della politica (Sel e Prc), dell’associazionismo (Gruppo Abele, Officine Corsare) e dei movimenti (collettivi studenteschi), nel tentativo, però, di evitare mere sommatorie e annullare così la divisione tra sociale e politico, come nell’idea di coalizione sociale auspicata da Maurizio Landini.

Non è una sfida semplice. Alla fine Marco Revelli, uno dei promotori, è soddisfatto di come sia andata: «La sala si è riempita, abbiamo vinto la partita nei confronti del posticipo di serie A. Il giudizio è positivo anche per la natura dei contenuti, non è stata una passerella di maniera, c’è stata la consapevolezza comune di fare un salto di qualità. E questo, riprendendo il titolo della serata, non può che avvenire dalle lotte sociale, che grazie al cielo ci sono. E dalla necessità di dare rappresentanza a una grande parte di società con una logica non testimoniale, non minoritaria, ma con un’ambizione di governo, come ha insegnato Tsipras. Il tempo è ora».

Non preoccupa molto, al momento, che la maggioranza dei presenti in sala avesse i capelli bianchi: «La forma assemblea – risponde Revelli – seleziona, forse, in termini generazionali. Ora, bisogna passare alla pratica sociale, costruendo, con le nuove generazioni, spazi fisici nei quartieri più sofferenti, lavorando sul terreno degli sfratti, offrendo consulenza legale». Sulla stessa lunghezza d’onda è Giorgio Airaudo, parlamentare indipendente di Sel, uno dei promotori della serata: «Dobbiamo dare continuità all’attuale iniziativa. La sinistra deve, inoltre, tornare a vivere i quartieri, essere concreta e utile. Questo è un territorio che soffre un impoverimento diffuso e un’enorme crisi occupazionale, Barriera di Milano, le Vallette, Mirafiori Sud, lì dobbiamo andare e dare voce a chi non ce l’ha. Con la vittoria di Syriza abbiamo imparato che possiamo cambiare i rapporti di forza e aprire un negoziato. Lunedì sera abbiamo raccolto tantissime firme per la legge popolare che dovrebbe liberarci dal pareggio di bilancio imposto dal governo Monti».

A dare la scossa alla sala è stato Argiris Panagopoulos, ottimista che anche in Italia le cose possano cambiare, spiegando poi come il modello Syriza, di cui è dirigente, si basi sull’unità di politico e sociale, di mutualità e riforme strutturali che migliorino la qualità della vita delle persone, come la norma che consente elettricità gratuita e agevolazioni alimentari a 300 mila famiglie povere. Prima ancora, un lucido video-intervento del professor Luciano Gallino ha posto le fondamenta dell’analisi, dalla crisi economica al Jobs act: «Un rattoppo al mercato del lavoro sull’esempio tedesco, un collage dei dettami dell’Ocse, che già nel 1994 sosteneva che tanto più alto fosse l’indicatore di rigidità del mercato quanto più alta era la disoccupazione. Falso. Molti studi ritengono che il 47% dei posti di lavoro sono a rischio in meno di dieci anni. L’alternativa è creare occupazione usando il potere dello Stato come successe per il New Deal americano». Andrea Baranes di Sbilanciamoci si è soffermato sulla fandonia del debito e su come la crisi sia nata dall’ipertrofia della finanza.
Sono intervenuti, tra gli altri, sindacalisti Cgil, il segretario torinese della Fiom Federico Bellono («Il modello Fiat è diventato quello generale delle relazioni sociali»), i segretari provinciali del Prc Ezio Locatelli e di Sel, Nicoletta Cerrato, Marco Neitzert del collettivo del Politecnico AlterPolis, Leopoldo Grosso che ha parlato della campagna Miseria Ladra del Gruppo Abele e di Libera (otto milioni e 173mila persone, il 13,8% della popolazione italiana, sono in condizione di povertà relativa) e Luca Spadon delle Officine Corsare, secondo il quale «dobbiamo darci un’agenda con lotte sociali, iniziative di mutualità e battaglia per forme di reddito diretto».
Il modello dell’assemblea sarà replicato in giro per il Piemonte per «sperimentare forme di intervento sociale unitario».

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