FEDERICO ERCOLE
Xenoblade 3, per Nintendo Switch. Un’epopea fantascientifica antimilitarsta, elogio alla diserzione in un mondo (vero) che precipita verso un pericoloso ritorno alla propaganda degli eserciti. Meditazione epica sullo sfruttamento giovanile, in un immaginario dove i ragazzi sono “coltivati” per durare solo dieci anni e combattere una guerra insensata da bieche e potentissime figure. Decine di ore di storie avventure in un mondo gigantesco e sempre meravigliante, l’ultima opera di Tetsuya Takahashi e Monolith Soft è l’omega di una xeno-filosofia ludica cominciata nl 1997 con Xenogears, la rottura definitiva delle catene dell’eterno ritorno.
God of War Ragnarok, per PlayStation 4 e 5, l’epilogo prolungato fino al crepuscolo di ogni eroismo e all’accettazione della vecchiaia e di una prossima fine del Kratos migrato tra i miti del nord. Un gioco senza ombre se non quelle, nerissime, nella coscienza di più che traumatizzata di Kratos dove narrazione, immagine, suono e gioco trovano un equilibrio straordinario.
Menzione speciale per Horizon Forbidden West, Triangle Strategy, Kirby e la Terra Perduta, Pentiment, Ghostwire Tokyo, Signalis, Mario Rabbids Sparks of Hope che non trovano spazio sulla pagina della nostra classifica.

FRANCESCO MAZZETTA
Return to Monkey Island di Terrible Toybox
Non il gioco con la grafica più dettagliata e abbagliante, non quello con le meccaniche più innovative, non quello con la capacità di mettere a dura prova le “skills” dei giocatori? E allora perché nominare come gioco dell’anno il ritorno di Ron Gilbert alla serie da lui creata di avventure grafiche che ha fatto la storia del genere e del medium? Solo nostalgia? Anche. Ma anche la sottolineatura di come, attraverso il ritorno alla sua creatura, Gilbert sappia utilizzare il medium videoludico non solo per raccontare in modo affascinante una storia, ma una storia che contemporaneamente fa ridere e riflettere sull’evoluzione del medium videoludico e dei suoi autori. Una storia che fa riflettere i suoi giocatori su come loro stessi sono cambiati e su quanto nel loro evolvere e (forse) maturare per diventare quello che sono oggi ha contribuito il giocare e i videogiochi

CLAUDIO CUGLIANDRO
Immortality esprime appieno la sua originalità solo se nel giocare noi interattori applichiamo fino in fondo ciò che l’esperienza stessa cerca di dirci: mettendo da parte l’auteur, possiamo gettare il nostro sguardo oltre intreccio e personaggi, e osservare la nuda struttura del progetto Immortality.
Visto “da pari”, lo scheletro del gioco compone un appartenente a quel raro genere che definisco open eye: non abbastanza statico e giocoso per essere un “oggetto nascosto”, non sufficientemente fisico da associarsi al “mondo aperto”.
L’open world e l’hidden object soddisfano il nostro desiderio d’esplorazione facendoci credere di controllare in modo più o meno netto spazio e/o tempo.
Immortality offre invece un controllo diverso: quello del racconto. Non nel senso della scelta di dialogo, del governo dell’evoluzione narrativa, no; nel senso della sua capacità di comprendere che ogni istante produce milioni di infinite possibilità interpretative, e per questo decide di soddisfare gli impulsi del nostro sguardo.
Nell’offrirci la finzione del controllo narrativo, Immortality rinuncia al controllo sul suo significato.

ANDREA K. LANZA
Quest’anno è stato particolarmente prolifico di giochi notevoli. La mia preferenzava ad un gioco poco pubblicizzato, Hand of Merlin, follia horror rpg dalla grafica isometrica strepitosamente retrò. La leggenda di Re Artù è stata raccontata in così tanti modi che dire ancora qualcosa di innovativo è difficile. Croteam e Room-C Games tentano insperatamente una strada nuova riuscendo nell’impossibile. Ne esce un gioco dalla visione unica impreziosito da una brillante colonna sonora, capace di mescolare la fantascienza con il fantasy, l’horror con l’avventura. A livello di combat system, The Hand of Merlin è strutturato a turni. Ciascuno dei nostri tre eroi (guerriero, ranger e mistico) ha la possibilità di attaccare e difendere, oltre a quella di sfoderare altre funzioni ausiliarie a seconda del tipo di personaggio. È però genio e dissennatezza pensare di unire il ciclo bretone con gli orrori lovecraftiani, una cosa così pulp che non può non riportare alla mente i divertissement di Sam Raimi degli anni 80. Proprio in questo mondo antico, vintage e così simile alle avventure su PC della nostra infanzia che rinnovo il mio consiglio su Hand of Merlin, piccolo gioco dal grande cuore.

GIULIA MARTINO
L’ultima opera di FromSoftware è incentrata sul tormentoso bruciare della fiamma dell’ambizione: è la sete di potere, di fama e di dominio a muovere molti dei personaggi che percorrono le lande dell’Interregno, e sono gli stessi sviluppatori a dimostrare una ferma volontà di superare le vette toccate nei precedenti souls sviluppati. Gli elementi fantasy più tradizionali – draghi maestosi, giganti apparentemente invincibili, anelli dorati che esercitano un richiamo irresistibile – vengono affiancati da divinità provenienti dallo spazio e simbologie astrali, con felici contaminazioni dal sapore fantascientifico. Completa il quadro una resa stupefacente dei variegati ambienti della terra desolata percorsa dal Senzaluce: pur senza spingere al massimo la potenza degli hardware di nuova generazione, FromSoftware dimostra ancora una volta di saper padroneggiare sapientemente gli strumenti artistici a disposizione degli sviluppatori. L’ambiguità morale di tutti i protagonisti della vicenda è il punto di convergenza tra la filosofia di Hidetaka Miyazaki e quella di George R. R. Martin, che ha contribuito a tratteggiare con sapienza la complessa mitologia dell’Interregno di Elden Ring.

MATTEO LUPETTI
An Outcry è un’allegoria horror sul ritorno dell’estrema destra in Europa, ambientata nella notte precedente alle elezioni legislative austriache del 2017. Elezioni che furono vinte dall’ÖVP (Partito Popolare Austriaco) di Sebastian Kurz, che avrebbe poi formato una coalizione di governo con l’ultradestra nazionalista e razzista di FPÖ (Partito Austriaco della Libertà). L’arrivo dell’estrema destra è qui una hitchcockiana invasione di uccelli in un condominio in cui vivono persone ai margini della società: persone povere, queer (come il personaggio principale), immigrate. Ma gli uccelli di An Outcry parlano, e sono scaltri: si fingono amici, vogliono farci diventare come loro e farci odiare il nostro vicino. È la strategia del capitalismo, che ha inventato il concetto di razza e la distinzione tra diritti civili e diritti sociali per spezzare il fronte comune (“intersezionale” diremmo oggi) della classe lavoratrice e della lotta di classe. Un’opera dell’orrore orribilmente attuale nell’Italia del 2022, l’Italia del governo postfascista di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni. An Outcry di Quinn K. (insieme a una squadra di cui citiamo almeno Kitet Frog) è disponibile per PC.