Tony Stella, inconfondibile arte anonima
SOCIAL Con uno stile unico ha risvegliato la passione del poste dipinto a mano. Firma con pseudonimo, non gli interessa il nome forse perché ha cominciato con i graffiti. «In quasi venti anni e per pura passione, ben prima di iniziare a mettere i miei lavori online, avevo già realizzato più di 600 poster e 2000 disegni da film»
SOCIAL Con uno stile unico ha risvegliato la passione del poste dipinto a mano. Firma con pseudonimo, non gli interessa il nome forse perché ha cominciato con i graffiti. «In quasi venti anni e per pura passione, ben prima di iniziare a mettere i miei lavori online, avevo già realizzato più di 600 poster e 2000 disegni da film»
I disegni ed i poster cinematografici dipinti a mano sono un’arte che purtroppo oggigiorno non viene più praticata come un tempo, esistono però delle sacche di resistenza, sempre più rare a dire il vero, che ancora si cimentano in quest’arte. Nessuno riesce a combinare meglio il tocco artistico e una conoscenza enciclopedica del cinema a tutte le latitudini meglio che Tony Stella, nom de plume di un artista ed illustratore residente in Germania e con radici italiane, la cui fama è scoppiata abbastanza inaspettatamente qualche anno fa attraverso i social media e che sembra destinata a non fermarsi più. Negli ultimi anni Stella ha realizzato poster per lungometraggi o serie, ma anche molte illustrazioni per DVD o Blu-ray, un tocco unico che è capace di cambiare e di modularsi a seconda del tono del lavoro e dell’autore preso in considerazione. Abbiamo fatto assieme a Stella una bella chiacchierata online.
Com’ è iniziato il tuo percorso professionale?
Ho cominciato nel mondo delle belle arti e i miei lavori vendevano anche molto, ma i prezzi erano troppo legati al nome, al «brand», troppo dipendenti dalle fluttuazioni del mercato per così dire. La svolta avvenne per me durante il mio soggiorno in Giappone, ho vissuto a Kita Kyushu per un anno e mezzo, lì tutto il mondo dell’arte internazionale era valorizzato al massimo, non si poteva andare contro il sistema, ma mi resi conto che per me questa strada non era percorribile e mi era necessario avere più libertà creativa. Inoltre volevo, e voglio ancora oggi, che più che la mia persona fossero i miei lavori a parlare per me, non mi interessa il nome o la mia figura personale, ho cominciato con i graffiti per le strade, graffiti che sono una forma d’arte anonima, per così dire, e forse viene tutto da lì.
Nel periodo in cui dipingevo quadri per professione, ho sempre continuato, quasi una sorta di passione parallela, a disegnare per me stesso poster e illustrazioni relativi al mondo del cinema. In quasi venti anni e per pura passione, ben prima di iniziare a mettere i miei lavori online, avevo già realizzato più di 600 poster e 2000 disegni da film, scene, attori e così via.
Dai tuoi lavori e anche dalle tue apparizioni in podcast si può notare un’incredibile conoscenza del cinema, di tutto il cinema, da quello più alto a quello di genere, da quello italiano a quello giapponese, dalle arti marziali ai film di Bud Spencer e Terence Hill. Da dove proviene questa passione?
Sono cresciuto con un gruppo di amici dove il cinema era il nostro linguaggio comune e condiviso, la madre di uno dei miei amici aveva una compagnia di distribuzione di film qui in Germania e quando visitavamo la sua casa, dopo aver girato per la città a fare graffiti, c’erano sempre film sullo schermo e videocassette ovunque. Personalmente mi piaceva avere le videocassette dei miei film preferiti per poterli vedere e rivedere e mi piaceva anche personalizzarli facendo le copertine per le videocassette. In pratica e su scala diversa è un po’ quello che faccio ancora oggi. Quando lavoravo nel mondo delle belle arti spesso mi chiedevano perché non incorporassi la mia passione per il cinema nei miei quadri, ma mi sono sempre rifiutato perché non volevo rovinare questa mia passione, volevo tenere queste due cose separate.
Di solito come realizzi i tuoi poster e i tuoi disegni, da dove cominci?
Quando riguardo un film che mi piace, magari anche solo qualche spezzone, se riesco a percepire qualcosa di nuovo che mi colpisce, comincio a buttare giù di getto qualche schizzo che poi si trasforma in qualcosa di più completo e così se mi arriva qualche commissione, ho già il materiale su cui lavorare.
Tutti i tuoi lavori sono dipinti a mano, vero?
Sì, certo, uso varie tecniche, anche miste, ma se per esempio c’è un vecchio film con una bella fotografia artistica scelgo magari di dipingere ad olio, se devo invece fare qualcosa per un film giapponese classico, magari inchiostro o acquerelli, ma alla fine dipende dal tono che voglio dare al lavoro e così uso anche colori a pastello o carboncino. In questo senso il mio maestro è stato mio nonno che dipingeva con tutto quello che trovava, sperimentava insomma. Il fatto di usare diverse tecniche è anche un modo per me per sparire dietro ai miei lavori e lasciar parlare il film attraverso l’illustrazione o il poster. Si riaggancia un po’ con quello che dicevo prima della graffiti art, agli inizi prima che si lasciassero influenzare dal culto dell’ego dell’hip hop, i graffiti erano qualcosa che era apprezzato per il loro essere riconoscibile ma anonimo, non era importante chi c’era dietro all’arte.
Hai qualche artista che ammiri nel mondo del cinema o in quello dell’arte più in generale, qualcuno che ti ha ispirato?
Tintoretto su tutti, quando sono andato a Venezia da piccolo rimasi a bocca aperta davanti alle sue opere, non credevo che fosse stato un essere umano a dipingerle. Poi probabilmente anche Giacometti, mi piaceva la sua persona, sobria anche nell’essere un grande artista, e poi quando ho cominciato ad interessarmi di più al mondo dei poster e delle illustrazioni, artisti quali Bob Peak e Robert McGinnis, lo Studio Favalli, Enrico De Seta e tutta la scuola di Roma.
Il tuo «successo» è arrivato solo recentemente, vero?
Sì, anche se come pittore come detto prima, ero abbastanza apprezzato ai miei inizi, ma poi tutto è finito, trainato dalla mia infelicità e insoddisfazione verso la situazione in cui mi trovavo. L’inizio della mia carriera come realizzatore di poster ed illustrazioni è stato quando mi trovavo in vacanza in Sardegna da un amico ed ero molto giù. Non sapevo che percorso prendere professionalmente e questo amico vista la mia passione per il cinema mi consigliò di mettere online i poster e le altre illustrazioni che avevo fatto fino a quel momento. Fu lui stesso, a mia insaputa, a mettere alcuni dei miei lavori su Tumblr. Poi ho scoperto Twitter e lì tutto si è amplificato.
Qual è stato il primo lavoro «di peso» o di una certa importanza che ti hanno chiesto di fare?
Ce ne sono stati molti, ma un’interazione che ricordo con molto piacere è quando ricevetti parole di elogio da William Friedkin per aver realizzato l’illustrazione originale per il vinile della colonna sonora di Il salario della paura (Sorcerer).
Di recente hai anche realizzato poster e illustrazioni per la miniserie «La ferrovia sotterranea» (The Underground Railroad) di Barry Jenkins.
Si, avevo già collaborato con lui per la copertina della colonna sonora di Se la strada potesse parlare (If Beale Street Could Talk) e per La ferrovia sotterranea mi ha sostenuto molto nel trattare con Amazon e spingere i disegni che avevo fatto senza farli modificare e renderli più commerciali. Voleva che il poster e le illustrazioni fossero una forma d’arte che comunicassero qualcosa della serie e non semplicemente una pubblicità.
Ho visto che recentemente hai postato molti disegni e poster su Colombo
Con la pandemia molti hanno riscoperto Colombo e i disegni fanno parte di un progetto legato ad un libro sulla serie e sul personaggio che poi però non si è concretizzato. In generale e non solo su Colombo, ho tanto di quel materiale, centinaia di disegni e illustrazioni e non ho il tempo necessario per selezionare e scansionare gli originali, è un lavoro enorme che forse qualcuno dovrebbe fare per me un giorno.
Hai qualche cosa di cui puoi e vuoi parlare in arrivo?
Ci sono un paio di progetti con persone di un certo nome, di cui per ora non posso parlare, ma paradossalmente ciò che non vedo l’ora di fare è avere un po’ di tempo per me stesso per poter ritornare a disegnare. Per me è una sorta di terapia e mi aiuta a mantenere una certa serenità.
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