Visioni

TokTok, la satira politica in strada

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Fumetti E' una delle realtà più interesanti, eredità delle rivolte del 2011. Una rivista sociale e umoristica che racconta il disagio delle periferie e i contrasti tra i due sessi

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 4 novembre 2014

Una delle realtà più interessanti, eredità delle rivolte del 2011, oltre ai blog (Big Pharaoh, Egyptian Streets, Satori in Alexandria, ecc.) giornali indipendenti come Mada Masr e l’edizione inglese di al-Ahram, è la rivista che raccoglie fumetti e motti arguti, TokTok (dal nome delle vespette-taxi, usate per spostamenti brevi nei quartieri popolari). Una pubblicazione dove vengono affrontate varie problematiche: il disagio nelle periferie, le divisioni tra uomini e donne, dei giorni della rivoluzione. «Abbiamo lavorato al progetto di una pagina di fumetti dal 2010, volevamo essere impegnati nella vita sociale egiziana, occupandoci di caricature politiche», spiega Mohammed Shennawy, uno dei fondatori del giornale.

«Ora TokTok è una rivista sociale, umoristica e politica, ma è l’elemento umoristico il più apprezzato dagli egiziani. Sono proprio le storie di strada ad influenzarci». Come è cambiato l’approccio degli egiziani alla stampa indipendente dopo le rivolte del 2011? «Sono state rivolte visuali, la gente comune ha iniziato a fare disegni ovunque per mostrare i propri problemi, e così la cultura visuale è migliorata dopo le rivolte». Chi ha scelto il nome TokTok? «Proposi questo nome che ha subito convinto gli altri disegnatori. Il nostro è un magazine di strada: i tok tok servono a spostarsi. Nei nostri fumetti usiamo il dialetto egiziano, in pochi casi ci sono testi brevi in arabo classico semplificato. Tutti i nostri disegni sono contro la giunta militare, facciamo ricorso a personaggi in divisa militare per mostrare l’ingiustizia dell’esercito», prosegue Shennawy.

Sono undici le edizioni uscite finora: «La seconda edizione del marzo 2011 dopo le dimissioni di Mubarak è senz’altro la più riuscita. Il 27 gennaio 2011, nel pieno delle rivolte, ci siamo recati al Centro culturale francese di Alessandria, abbiamo parlato di TokTok. Di ritorno da Alessandria al Cairo, siamo stati fermati ad un posto di blocco. Abbiamo temuto di essere arrestati perché portavamo con noi caricature della polizia. Anziché arrestarci, i poliziotti hanno iniziato a leggere i nostri fumetti», ci racconta Mohammed.

L’ultimo numero include vari argomenti e molte storie, come quella di raccontata da Mohamed Salah: «È la vicenda di una ragazza cresciuta con un nome strano ‘Gomaa’ (Venerdì). La giovane ha sofferto molto per questo nome ed è stata presa spesso in giro dalla gente. Ha deciso a un certo punto della sua vita di cambiare il suo nome. Questo è diventato il suo segreto finché, da manager di una grande azienda, ha dovuto affrontare uomini corrotti che la minacciavano di rivelare il suo vero nome se non li avesse aiutati. E così decise che, dopo le rivolte, il suo nome aveva assunto un significato positivo (I Venerdì della rabbia, I Venerdì dei Martiri), e rivelò il suo vero nome in pubblico».

Come è cambiato il giornale dopo il colpo di stato militare del 3 luglio 2013? «TokTok continua ad essere un magazine, non necessariamente di satira politica, dove l’artista esprime liberamente la sua opinione sia se essa è politica o ha altri significati. Poiché la politica è parte di ogni cosa nelle nostre vite quotidiane, sarà sempre lì con naturalezza nel nostro giornale, gli artisti sono liberi di disegnare quello che vogliono, a volte scegliamo un tema comune ma anche in quel caso ogni disegnatore è libero di esprimere la sua opinione».

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