«Togliere il tricolore da Casapound è gesto di valore costituzionale»
Antifascismo Il tribunale di Genova riconosce le attenuanti per un’azione «ispirata dalla Costituzione»
Antifascismo Il tribunale di Genova riconosce le attenuanti per un’azione «ispirata dalla Costituzione»
C’è un giudice a Genova che ha riconosciuto le attenuanti per alti valori morali ad un antifascista che ha deciso di togliere la bandiera tricolore da una sezione di CasaPound e che per questo era stato messo alla sbarra con l’accusa di danneggiamento aggravato, un reato previsto dal codice penale.
La sentenza, abbastanza sorprendente, è stata diffusa nei giorni scorsi. I fatti risalgono alla notte del primo dell’anno del 2018. Federico passa davanti alla sede locale di CasaPound, aperta a due passi da piazza Alimanda, in via Montevideo. L’inaugurazione era avvenuta pochi mesi prima tra contestazioni e polemiche. L’apertura delle attività è stata accompagnata dal solito corollario di aggressioni, che sono costate tra le altre cose un accoltellamento a un uomo che stava attaccando dei manifesti antifascisti. Quella sera, dunque, il giovane 26enne decide di passare all’azione e compiere un gesto dimostrativo: si arrampica sulla saracinesca e stacca il panello con il tricolore che si trova sopra l’ingresso dei locali occupati dai «fascisti del terzo millennio».
La scena viene ripresa dall’obiettivo delle telecamere dell’impianto di video-sorveglianza messe a proteggere una sede tanto osteggiata in una città che è Medaglia d’oro della Resistenza. Per questo Federico viene identificato e finisce davanti ad un giudice monocratico e il pubblico ministero chiede che venga condannato a 9 mesi.
Il giudice Alberto Barilari, chiamato a valutare le circostanze, ascolta anche la deposizione di Christian Raimo, docente e scrittore nominato dalla difesa di Federico per fornire alla corte il necessario «inquadramento storico-sociale» all’accaduto. Alla fine, il magistrato decide per una condanna minima (un mese e 23 giorni) e accetta di concedere all’imputato le attenuanti dovute al significato politico e sociale del suo gesto. «Si deve ritenere che l’imputato sia stato spinto all’azione perché mosso dai più alti sentimenti e ideali – si legge nelle motivazioni della sentenza – senz’altro riconducibili ai valori riconosciuti dall’ordinamento costituzionale».
La difesa di Federico Biddau incassa il risultato ma comunque pensa di ricorrere in appello, e di chiedere l’assoluzione piena per un gesto al quale sono state riconosciute così alte ragioni. «Il giudice ha colto l’aspetto che volevamo sottolineare: la contraddizione tra i valori costituzionali e CasaPound – commenta l’avvocato della difesa Pietro Serricchiari – A noi interessava fargli capire quali sono i valori che propugna quell’organizzazione, a questa è servita la consulenza tecnica di Raimo e per questo lo abbiamo chiamato a deporre in aula. Oltretutto, dal dibattimento è emerso che Federico voleva rimuovere il tricolore, soltanto per non cadere ha dovuto aggrapparsi alla telecamere, dunque oltre alle attenuanti vogliamo che sia riconosciuto il fatto che il suo comportamento non ha a che fare in nessun modo con il danneggiamento».
«Questa sentenza rappresenta un fondamentale precedente giurisprudenziale perché dice una cosa chiara e importante – commenta Christian Raimo – La bandiera italiana su una sede di Casapound è un vilipendio e quindi rimuoverla è un atto di alto valore morale e costituzionale». Secondo il consulente della difesa, il «semplice gesto coraggioso» di Federico è servito a mettere in evidenza due contraddizioni plateali nel discorso pubblico: «Ci sono movimenti politici dichiaratamente fascisti che assurdamente hanno spazio politico in una Repubblica antifascista, e c’è un tentativo da parte delle destre sovraniste di riscrivere l’immaginario italiano di un senso fascionazionalista».
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