Difficile nascondere l’emozione quando l’intervistata è Tina Turner, la regina del soul, un mito nella musica contemporanea, tra r’n’b, funky, pop, rock, jazz, l’aggressiva vocalist e ballerina, che dagli esordi (e dal privato turbolento…) con Ike Turner è passata nella sua «seconda» vita a incidere album – su tutti Private dancer (1984), e a duettare con colleghi «amici» come Mick Jagger, David Bowie, Eric Clapton. Alla veneranda età di settantotto anni (ma ne dimostra almeno venti in meno), la diva di Nutbush (Tennessee) nata Anne Mae Bullock, si mette in gioco aderendo al progetto Awakening Beyond assieme ad altre cinque cantanti etno molto più giovani di lei. Regula Curti, Ani Choying, Dima Orsho, Sawani Shende Sathaye, Mor Karbasi sono le compagne di strada in un disco raffinato che trascende generi, linguaggi, movimenti per farsi canto spirituale moderno dalle classiche ascendenze. Un progetto congeniale anche a Tina, che artisticamente proviene dal gospel e che conosce a perfezione i legami tra fede e suoni, come spiega in questa intervista. Un progetto che interrompe un lungo silenzio della cantante americana dopo la decisione di ritirarsi nel 2009, al termine di un tour mondiale. Da allora Tina Turner – che vive in pianta stabile in Svizzera con il marito Erwin Bach, ha fatto poche apparizioni ufficiali e qualche duetto. Il 2018 sarà l’anno del debutto a Broadway di un musical ispirato alla sua vita e alle sue canzoni.

Può parlarci di questo progetto collettivo chiamato Awakening Beyond?

Si tratta del quarto album di un progetto musicale in corso che abbraccia intuizioni spirituali provenienti da tutto il mondo. Questa volta siamo sei donne di diversa provenienza e tradizioni; Stati uniti, Israele, Siria, Nepal, Svizzera e India, che alziamo le nostre voci per trovare una risonanza unitaria che ci porti a uscire dai nostri problemi quotidiani, per spingerci verso qualcosa di più grande. Il mondo è pronto per questo, proprio perché ci troviamo in una situazione di crisi dove prevale un sentimento opprimente e spirano venti di guerra. La musica può creare ponti tra te e me, tra noi e loro. È tempo per tutti noi di andare oltre le divisioni, in una maggiore connessione e riconoscimento spirituale.

Sul piano strettamente artistico come è stato concepito questo nuovo lavoro?

Un doppio album che presenta preghiere, cantiche e ninnananne supportate da una grandiosa partitura orchestrale scritta dal compositore siriano-americano Kareem Roustom. Abbiamo avuto il privilegio di registrare con la Philharmonia Orchestra di Londra nei leggendari Abbey Road Studios.

Ma qual’è stata la spinta a partecipare all’iniziativa che la vede affiancata a cantanti di spessore ma che non hanno raggiunto certamente il suo successo e la sua fama?

Mi sentivo pronta a contribuire con il mio lato spirituale, la pratica del canto e la mia storia di crescita e sviluppo. Quando la fondatrice Regula Curti mi ha contattato nel 2009, la mia risposta era pronta: «Ho atteso quel momento e questo è il momento»! L’esperienza di cantare tutti insieme preghiere di varie religioni permette di connettersi profondamente a livello emotivo in un luogo di amore e rispetto dove le differenze,chiamiamole così «mondane», svaniscono.

https://youtu.be/B6IH64Z-KHU

Esistono per lei relazioni profonde tra musica e religione?

Fin da bambina ho cantato gospel nelle chiese. E poi la religione ha sempre ispirato le persone a comporre, suonare, intonare musica. Storicamente la più bella musica religiosa è patrimonio dell’umanità. A livello personale, la musica mi aiuta a connettermi con un luogo profondo di me stessa. La spiritualità è qualcosa di interamente personale…

In quali maestri spirituali e in quale religione si riconosce maggiormente?

Anni fa, durante un periodo molto difficile della mia vita, fui introdotta al Buddismo. Dalla mia famiglia conservo il background di cristiana battista, ma ho fatto la scelta di praticare il buddismo, perché mi piace molto l’approccio filosofico. Credo sia un modo esistenziale, quando preghiamo, andiamo tutti nella stessa direzione.

Qual’è stato il suo primo ricordo, la prima connessione con la musica?

Mia nonna, stava sempre lì a canticchiare, su una sedia a dondolo. Che io ricordi credo di aver sempre cantato, tanto che mia madre mi metteva in piedi su una sedia per intrattenere i clienti del negozio dove lavorava. Diciamo che sono nata «predistinata»…

Da dieci anni non si esibisce più dal vivo, non incide album pop. Come conduce la sua vita oggi Tina Turner?

Sono felice, mi sto godendo la casa e il giardino sul lago, mi sento libera e indipendente, attenta e amorevole per tutto quanto mi sta intorno

Dobbiamo riporre ogni «speranza» nel cassetto, nessuno progetto per il futuro quindi?

Nessun piano. La prima mondiale del mio musical nel 2018 attira tutta la mia attenzione in questo momento!