Economia

Tim, prima batosta a Vivendi: in assemblea vince la cordata Usa

Tim, prima batosta a Vivendi: in assemblea vince la cordata UsaL'ad di Tim, Amos Genish

La guerra delle tlc Gli equilibri si spostano dal gruppo francese al fondo statunitense Elliott, che gode del sostegno della Cassa depositi e prestiti. La resa dei conti finale rimandata all'assise generale del 4 maggio

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 25 aprile 2018

Sonora sconfitta per i francesi di Vivendi, all’assemblea degli azionisti di Tim che si è tenuta ieri a Rozzano, nel milanese. I fondi americani capitanati da Elliott non sono riusciti ancora a scalzare i sei consiglieri di amministrazione del colosso d’Oltralpe – perché il Tribunale non aveva accettato l’integrazione dell’ordine del giorno ad hoc proposta dal collegio sindacale – ma la sfida è solo rimandata: all’assemblea del 4 maggio, dove dovrà essere rinnovato l’intero cda.

La sfida tra gli statunitensi e i francesi va avanti da settimane, e ieri l’inversione dei rapporti di forza – Vivendi è per ora azionista di controllo, con il 23,94% – si è esplicitata nell’elezione del collegio sindacale. La lista di Vivendi ha ottenuto il 75,35% dei voti – sono stati eletti Marco Fazzini, Francesco Schiavone Panni e Giulia De Martino – mentre dalla lista di Assogestioni, che ha raccolto il 7,37% dei voti, sono stati eletti Roberto Capone – con il ruolo di presidente – e Anna Doro.

Molti fondi, seguendo le indicazioni dei proxy advisor, favorevoli alla cordata Usa, hanno fatto confluire il proprio voto sulla lista di maggioranza in modo da riservare a quella di Assogestioni la presidenza del collegio sindacale, che le norme assegnano alla lista di minoranza. Il rapporto di forze tra Vivendi e i fondi si è palesato al momento della decisione sulla presidenza del collegio sindacale: Capone è stato riconfermato con il 58,3% dei voti, nonostante l’opposizione del socio francese.

Anche la Cassa depositi e prestiti – che ha aumentato la sua quota dal 4,26% al 4,78% – propende per l’avvicendamento, dai francesi agli statunitensi, ma non ha preso parte alla votazione sul presidente dei sindaci: qualora si fosse schierata per la conferma di Capone a fianco di Elliott e degli altri investitori istituzionali, avrebbe reso ancora più rotonda la sconfitta di Vivendi. «Si è trattato di una vittoria dei fondi a pieno titolo», hanno commentato ambienti vicini agli investitori istituzionali. Al momento della votazione su Capone era presente in assemblea il 61% del capitale: e in generale la presenza degli azionisti è stata a livelli record, toccando il massimo del 66%.

Passata invece a larghissima maggioranza la nomina dell’ad Amos Genish nel cda: i voti a favore in assemblea sono stati pari al 97,86%, resterà in carica anche lui fino al nuovo azzeramento del 4 maggio. «Lavoriamo assieme con tutti: questo è anche il mio auspicio per gli anni a venire. Ci vediamo l’anno prossimo», aveva detto Genish in conclusione del suo intervento, rafforzando il concetto di voler superare i conflitti e l’intenzione di restare alla guida del gruppo.

Franco Bernabè, vicepresidente di Tim nominato da Vivendi, si è difeso in assemblea dalle accuse di parteggiare per l’azionista francese. «Il dottor Bernabè non tiene la parte di nessuno ma semplicemente fa l’interesse della società e dei suoi azionisti», ha detto il manager replicando a un piccolo azionista. Ma è chiaro che adesso il gruppo d’Oltralpe si prepara a una sfida piuttosto difficile, che molti analisti dopo il colpo di ieri danno quasi come una mission impossible.

È vero che la somma della quota attualmente in mano al fondo Elliott – l’8,8% – più il 5% di Cdp, non superano ancora il 24% di Vivendi, ma dall’altro lato si è compreso che molti azionisti minori sono già disposti a cambiare cordata.
La leader Cgil Susanna Camusso teme che la disputa possa danneggiare l’azienda e i dipendenti: «Serve un piano industriale. E Cdp può essere il perno dello sviluppo».

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