Economia

Tim, l’attacco degli americani di Elliott per far fuori Vivendi

Tim, l’attacco degli americani di Elliott per far fuori VivendiTra i progetti dell'arrembante fondo Usa Elliott c'è lo scorporo della rete di Tim – LaPresse

Lo scontro per la compagnia telefonica Il fondo Usa aumenta la quota azionaria e convince i principali advisor. «Scorporando la rete raddoppieremo il valore del titolo». Ma via i consiglieri francesi dal cda

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 10 aprile 2018

Giornata di passione, ieri, per la Tim: gli statunitensi di Elliott hanno sferrato l’attacco ai francesi di Vivendi, grazie al sostegno dei proxy advisor Iss e Frontis, con l’obiettivo di scalzare i consiglieri di amministrazione d’Oltralpe e rivoluzionare la governance e il profilo dell’intero gruppo. Il titolo era partito in ribasso a Piazzaffari, ma poi ha chiuso in leggero positivo, mostrando l’intenzione degli investitori di dar credito all’ambizioso piano presentato nel frattempo dall’azionista Usa: scorporando alcuni asset, tra cui la rete, Elliott prevede di poter raddoppiare il valore delle azioni nel giro dei prossimi due anni.

MA NON BASTA, PERCHÉ gli statunitensi hanno sostenuto la loro offensiva a colpi di partecipazioni azionarie: saliti all’8,8%, hanno portato le opzioni al 4,93%, innalzando dunque la quota potenziale al 13,73%. Elliott ha però subito precisato di non voler raggiungere il controllo, ma per rivoluzionare la gestione della società propone di cambiare il cda, estromettendo in particolare i sei consiglieri di Vivendi, ma senza per questo sfiduciare l’attuale amministratore delegato Amos Genish, che «sosterrà all’assemblea del 24 aprile».

Il fondo Usa, illustrando le slide del piano Transforming Tim, ha assicurato un «pieno sostegno al piano industriale del management», ribadendo di non volere «il controllo di Tim» ma di avere interessi «allineati a quelli degli altri azionisti di minoranza». Per migliorare la corporate governance, Elliott propone «un cda completamente indipendente e la conversione delle azioni di risparmio», mentre intende «massimizzare il valore dell’asset incoraggiando la creazione di un’unica rete nazionale» e reintrodurre il dividendo.

I FRUTTI SAREBBERO CONCRETI e neanche troppo lontani: la separazione della rete permetterebbe a Tim di dimezzare il debito, portandolo da 25 a 12 miliardi di euro, e distribuire «un dividendo stabile agli azionisti ordinari»: in particolare «1,2 miliardi di euro nel 2019». Ancora, le slide illustrate dal fondo Elliott prevedono che lo scorporo della rete «realizzerebbe fino a 7 miliardi di euro di valore nascosto». E ancora, «un board indipendente» avrebbe la possibilità di «realizzare azioni che potrebbero raddoppiare il prezzo dell’azione – dagli attuali 0,8 a 1,6 euro – nel giro di due anni».

E come già avevano fatto i colleghi della Glass Lewis, ieri anche i consulenti di Iss hanno invitato gli azionisti di Tim a sostenere le proposte di Elliott, prima tra tutte quella di scalzare i sei consiglieri francesi: «Vivendi sembra essere molto più un peso che un asset per Tim», spiega il report presentato dal proxy advisor, costretta a «diversi cambi di board e management durante gli ultimi anni» senza che l’azionista francese sia stato in grado di portare «stabilità». «La società – prosegue il rapporto – ha visto tre ceo in due anni e ricorrenti problemi con i regolatori. Le relazioni declinanti con il governo italiano, il sempre presente conflitto di interesse e il fatto che avendo una “media company” come azionista di controllo di fatto ha apparentemente ristretto le alternative strategiche di Tim depone a favore del supporto ai candidati di Elliott».

«TUTTI I NOMI PROPOSTI DA Elliott sono candidati indipendenti italiani, alcuni dei quali con significative esperienze in cda e come amministratori delegati nel campo dei media, delle telecomunicazioni e di società pubbliche», nota ancora Iss. «La lista – aggiunge il proxy advisor – non è meno qualificata di quella che stanno cercando di rimpiazzare. Merita anche essere evidenziato che tre dei candidati hanno svolto il ruolo di amministratori delegati in società controllate dal governo italiano (Enel, Rai, Alitalia) e uno ha lavorato alla Consob, in un contesto dove le relazioni con il governo sono un fattore». Quanto ai francesi, «a causa del controllo di fatto di Tim e della quota detenuta in Mediaset, Vivendi sembra avere messo Tim sotto i riflettori dei regolatori, con potenziali esiti alquanto negativi o perlomeno forzati».

Stesse conclusioni da Frontis, il proxy advisor italiano, che invita i fondi suoi clienti a votare a favore della revoca dei consiglieri Vivendi e per la nomina dei sei nuovi indipendenti proposti dagli americani, riconoscendo che i francesi «sono in conflitto di interesse». Ok alla conferma dell’ad Genish, sostenuto anche da Glass Lewis e Iss.

IN SERATA SI È RIUNITO IL CDA di Tim, che ha cercato di respingere l’attacco di Elliott – portato avanti con l’appoggio del collegio dei sindaci, puntando all’assemblea del 24 aprile – per prendere tempo fino all’assemblea del 4 maggio.

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