Una pianta carnivora piccola e innocua che si rivela un essere parlante, malvagio e calcolatore, bisognoso di nutrirsi di carne umana per proliferare. Una commedia horror esilarante ma senza lieto fine. Del resto quando nel 1960 Roger Corman realizza il film The Little Shop of Horrors e più ancora nel 1982, quando Howard Ashman e Alan Menkel traggono dal film la fortunata commedia musicale, tornata poi al cinema nel 1986, le avvisaglie del disastro causato dall’inquinamento e dallo sfruttamento ambientale erano già all’attenzione dell’opinione pubblica.

IL TEMA della vendetta della natura sull’uomo, insieme alle influenze dei racconti fantastici di H.G. Wells e di Arthur C. Clarke, autore di 2001 Odissea nello spazio, oltre ai riferimenti alle mescolanze culturali nella New York del dopoguerra con le sue frizioni sociali e razziali, deflagra in modo grottesco nella commedia musicale di Alan Menkel, che con lo stesso Hashman firmerà poi molti successi Disney da Oscar, dalla Sirenetta a La bella e la bestia.
La petite boutique des horreurs è in scena fino al 25 dicembre all’Opéra Comique di Parigi, città dov’era approdata nel 1986 nella lussuosa orchestrazione di Alain Marcel, in uno spettacolo del duo registico Valérie Lesort e Christian Hecq. Con stile colorato e fantasioso Lesort e Hecq restituiscono alla commedia la freschezza originale, senza tacerne però i lati cupi e grotteschi, secondo uno stile messo a punto in vari spettacoli all’Opéra Comique, dalla Périchole di Offenbach al fantasmagorico Ercole amante di Cavalli. I bassifondi del Lower East Side, dove sorge la cadente bottega del fioraio Muhsnik, sono rievocati con gusto del dettaglio nel progetto scenografico di Audrey Vuong. Stessa matrice ‘vintage’ per i fantastici costumi di Vanessa Sannino: richiami a Dolly Parton per Audrey, la radiosa Judith Fa, look motard-rockabilly per il dentista sadico Damien Bigourdan, impegnato anche in altri ruoli. Con stile colorato e fantasioso Lesort e Hecq restituiscono alla commedia la freschezza originale, senza tacerne però i lati cupi e grotteschi

TUTTI FINIRANNO divorati da Audrey II, che da curiosità botanica si trasforma in grosso mostro dai petali prensili e dalle fauci dentate, mirabolante drago wagneriano in salsa blues, creato in schiuma di lattice da Carole Allemand, mosso da Sami Adjali e animato dalla voce profonda di Daniel Njo Labé, popolare doppiatore in francese dei film Disney. Anche il protagonista Seymour, reso alla perfezione da Marc Mauillon, finirà divorato, dopo aver offerto alla pianta perfino il padre adottivo Mr Mushnik, che insieme al soffocamento da gas esilarante del dentista è uno dei rimandi ai caratteri e ai patimenti della cospicua comunità ebraica newyorkese. Siparietti danzati completano le apparizioni irresistibili di Crystal, Ronette e Chiffon – l’ispirazione alle girl band è smaccata – cantate da Sofia Mountassir, Anissa Brahmi e Laura Nanou. Precisa e briosa la concertazione di Maxime Pascal, che guida il suo ensemble le Balcon con energia fino alla catastrofe finale quando perfino il personale di sala apparirà avviluppato dai tentacoli di Audrey II.