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Thyssen, condanne confermate. Ma i manager tedeschi restano liberi

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Torino Sentenza della Cassazione sul rogo che nel 2007 uccise sette operai. Il ministro della Giustizia Orlando ha chiesto che l'ex ad Espenhahn e il dirigente Priegnitz scontino la pena in Germania

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 20 ottobre 2017

Non ci sarà alcuna riduzione delle condanne inflitte ai manager della Thyssenkrupp – tra i quali l’ex amministratore delegato Harald Espenhahn – per il rogo avvenuto nel dicembre 2007 a Torino a seguito del quale morirono sette operai dello stabilimento siderurgico di Torino. Lo ha deciso la Cassazione respingendo i ricorsi straordinari presentati da quattro ex dirigenti dell’acciaieria contro il verdetto emesso dalla stessa suprema Corte il 13 maggio 2016.

In particolare, la Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi con i quali si contestavano le condanne per omicidio colposo da parte dei difensori dell’ex ad Espenhahn (condannato a 9 anni e 8 mesi), e dei manager Gerald Priegnitz, Marco Pucci (entrambi 6 anni e 3 mesi) e Daniele Moroni (7 anni e 6 mesi). In questo modo i legali speravano di ottenere un alleggerimento delle pene.

Nel verdetto depositato ieri, i supremi giudici sottolineano che le condanne definitive emesse dagli stessi giudici della suprema Corte nel maggio 2016 sono «conformi a legge e adeguatamente giustificate».

Secondo la Cassazione, in particolare, quella dell’ex ad e degli altri dirigenti è una «colpa imponente» tanto «per la consapevolezza che gli imputati avevano maturato del tragico evento prima che poi ebbe a realizzarsi, sia per la pluralità e per la reiterazione delle condotte antidoverose riferite a ciascuno di essi che, sinergicamente, avevano confluito nel determinare all’interno» dello stabilimento di Torino «una situazione di attuale e latente pericolo per la vita e per la integrità fisica dei lavoratori».

I giudici affermano inoltre che si tratta di «colpa imponente» anche per «la imponente serie di inosservanze a specifiche disposizioni infortunistiche di carattere primario e secondario, non ultima la disposizione del piano di sicurezza che impegnava gli stessi lavoratori in prima battuta a fronteggiare gli inneschi di incendio, dotati di mezzi di spegnimento a breve gittata, ritenuti inadeguati e a evitare di rivolgersi a presidi esterni di pubblico intervento».

I due manager tedeschi non hanno ancora scontato un giorno di carcere perché si attende che la giustizia tedesca, nonostante i solleciti inoltrati dall’Italia, recepisca con apposito procedimento le condanne. Nei loro confronti è stato emesso un mandato di cattura europeo che finora non ha avuto esecuzione. Nei primi mesi del 2017 l’Italia ha quindi chiesto all’autorità giudiziaria tedesca di riconoscere la sentenza e fare scontare in Germania la relativa pena a carico delle due persone coinvolte. E giovedì scorso è stato lo stesso il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, a chiedere formalmente al governo tedesco di dare esecuzione alla sentenza per i due dirigenti.

Tra i condannati anche Raffaele Salerno (7 anni e 2 mesi) e Cosimo Cafueri (6 anni e 8 mesi) ma non hanno fatto ricorso. Pucci e Moroni, da giugno, hanno ottenuto 8 ore di permesso al giorno per uscire dal carcere di Terni e andare al lavoro.

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