The Yellow sulle strade di Tokyo
Note sparse Cantano in inglese e compongono pop mescolando diverse attitudini, ma l'album non convince
Note sparse Cantano in inglese e compongono pop mescolando diverse attitudini, ma l'album non convince
La politica delle recensioni, almeno per il sottoscritto, è quella di non stroncare i dischi di esordienti. Ma i The Yellow non sono esordienti. Iniziano il loro album Streets of Tokyo con due brani che danno speranza, per l’attacco potente di 2gether e per la melodia di Across the sky. Cantato tutto in inglese, cominciano poi a infilare una serie di pezzi pop adolescenziale con tirate di voce e zeppi di angosce brufolose. In certi momenti ricordano il peggiore britpop riproposto da una di quelle band giovanili fiorite nei talent, a cui un tempo tiravano le mutande e che, per fortuna, si sono estinte. Sicuramente pezzi come Breakdown o Nomad potrebbero girare bene in radio. Non in quella che ho in casa. Nota a margine: buona la produzione, con un respiro internazionale, così come la voce di Gianluca «Foster» Damiani che potrebbe impiegare in contesti più esaltanti, però scrivere nel comunicato stampa che: «I due membri da cui è partito il progetto, decidono di creare un nuovo stile musicale mescolando le loro diverse attitudini provenienti da esperienze musicali diverse», è un cazzotto in pancia.
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