«The Substance», horror anti-età devoto alla «coolness»
Al cinema Demi Moore e Margaret Qualley nel film di Coralie Fargeat, due donne a duello nello stesso corpo. L’ibridazione, la «gentrificazione» del genere, il classismo delle etichette
Al cinema Demi Moore e Margaret Qualley nel film di Coralie Fargeat, due donne a duello nello stesso corpo. L’ibridazione, la «gentrificazione» del genere, il classismo delle etichette
Pur essendo il cinema horror da sempre un genere intimamente politico, ci si ritrova periodicamente alle prese con tentativi di nobilitarlo, renderlo accettabile per una tipologia di consumatori che altrimenti non degnerebbe mai di uno sguardo un film come The Sadness di Rob Jabbaz. E, a prescindere dalle considerazioni ideologiche ed estetiche, l’horror, soprattutto in questo periodo di ridefinizione degli equilibri industriali del settore audiovisivo, è stato l’ancora di salvataggio dell’intero settore tenendo in vita (ah che ironia…) distributori, piccole produzioni, compagnie di vendite, l’home video e offrendo moltissimo materiale a costo medio-basso alle piattaforme di streaming. Per cui questo tentativo di nobilitare l’horror oltre che maldestro è soprattutto fuori luogo.
SE INVECE di badare al dito del moralismo si osservasse la luna dell’interruzione del consenso che un piccolo film come Terrifier ha provocato, magari le nostre conversazioni intorno al cinema sarebbero un filo più interessanti. Tutto questo per dire che The Substance sembra fatto apposta per spostare l’oggetto del discorso in maniera del tutto artefatta su un piano extracinematografico, ideologico da salotto. Coralie Fargeat si era fatta notare con Revenge, una versione del classico rape&revenge, sottogenere degli anni Settanta che ha in Non violentate Jennifer di Meir Zarchi il capostipite. Esecuzione pressoché perfetta, il film, apparso in pieno MeToo o quasi, ha colto un sentire del tempo con grande forza (ma con minor lucidità politica del Titane di Julia Ducournau). The Substance, presentato in concorso a Cannes – e che immediatamente ha diviso in favorevoli e contrari – sembra un’ibridazione studiata a tavolino fra le intuizioni del Brian Yuzna periodo Screaming Mad George (quello di Society, soprattutto, ma anche From Beyond e Re-Animator 2) e l’inevitabile omaggio a David Cronenberg. Demi Moore interpreta un’attrice, Elisabeth Sparkle, che si trova all’improvviso nel ruolo di una Norma Desmond con grande anticipo sulla data di scadenza, una has been rimpiazzata da corpi più giovani. Se l’intuizione di casting della Moore è impeccabile, l’idea di opporle Margaret Qualley è altrettanto riuscita e non solo perché le due conducono un duello a distanza nel medesimo corpo di grande pregio.
La presenza di un siero, che ovviamente ricorda quelli di Herbert West, che permette a Elisabeth di tornare a essere spledidasplendente, offre le premesse per un «eva-contro-eva» che in mani meno approssimative avrebbe offerto momenti di maggiore interesse. Purtroppo, il film, pur provando a pigiare il pedale del disgusto abbondando in sangue, dettagli grafici e fluidi corporei assortiti, non riesce mai a inquietare o disgustare senza nemmeno menzionare potenziali spaventi. Fargeat preferisce eliminare qualsiasi ambiguità affidandosi, e così facendo depotenziando il suo film, a spiegare cose che ovviamente sono chiare sin dai primi minuti (e che ce ne siano troppi di minuti nel film, ben 140, è solo un altro dei tanti problemi) citando inoltre a man bassa da tutto il citabile.
COSÌ il film offre la sua patente di coolness a prezzo scontato, predica ai convertiti di un politically correct privato delle sue pulsioni insurrezionali e di fatto espropria idee e gesti che invece sono stati cruciali in un processo di educazione e liberazione cinefila (e non solo). Come dire che il mercato determina la coolness e la correttezza, vorrebbe mettere al bando Art the Clown, e, attraverso la definizione di elevated horror, definizione che in fondo suggerisce che tutto il resto e tutti gli altri spettatori si trovano più in basso (classismo delle etichette), e di fatto gentrifica l’horror. Non è una bella notizia, ma pare invece che piaccia tanto.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento