The Jackal alla corte degli alieni
Al cinema Beniamino della rete, il collettivo napoletano debutta con «Addio fottuti musi verdi», ma le loro gag perfette su web si perdono su grande schermo
Al cinema Beniamino della rete, il collettivo napoletano debutta con «Addio fottuti musi verdi», ma le loro gag perfette su web si perdono su grande schermo
L’idea iniziale parte dalla mancanza di prospettiva di molti giovani nonostante il pezzo di carta conseguito. E allora, vista l’impossibilità di sbocchi professionali nel nostro paese, si può pensare anche di andare lontano. Certo, come diceva Troisi, tutti considerano i napoletani fuori Napoli migranti, ma ci sono diversi modi di migrare. Già perché qui siamo di fronte a una scelta estrema: gli alieni. Procediamo con ordine: Ciro sarebbe un grafico pubblicitario, ma deve campare faticando in una friggitoria napoletana gestita dai cinesi. Vive nell’appartamento di fronte a mammà, e vampirizza la connessione internet, ha per amici Matilda che vuole emigrare all’estero e Fabio la cui unica aspirazione è andare all’anteprima del suo fantasy preferito. Quando Ciro il curriculum arriva agli alieni quelli mostrano apprezzamento per le sue idee e lo rapiscono, anche se poi i loro fini non si riveleranno proprio generosi.
Addio fottuti musi verdi è proposto da The Jackal il collettivo napoletano divenuto casa di produzione che da diversi anni spopola in rete con parodie e interventi estemporanei di grande successo. Per quanto baciati dalla celebrità e dall’adorazione dai fan pare che tutto questo non basti, ci vuole il grande schermo per essere consacrati. Ma in sala, è banale dirlo ma è assolutamente così, non basta inanellare una serie di gag e di trovate anche brillanti, perché il cinema è un’altra cosa. Ci si sono già sgrugnati altri, non solo di provenienza webbistica, anche televisiva. Alle battute e alle situazioni buffe e paradossali bisogna dare una costruzione drammaturgica che abbia un po’ di solidità, anche il demenziale pretende impegno. E qui la strada diventa una salita, se non si è Sacha Baron Coen o Checco Zalone, il fiato comincia a mancare, il respiro si fa corto e il racconto asfittico, col rischio che non si faccia più ridere.
Certo, si può trovare un Gigi D’Alessio gustosa parodia di se stesso con tanto di canzone apresso, ma ce ne vorrebbero dieci per sostenere un film. Sarà questione di dimensioni ma l’idea fulminante che esplode e fa scompisciare sul piccolo schermo proposta su quello grande sembra diluirsi lungo tutta la superfice diventando molto meno brillante.
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