The Cure: sogni, incubi e chitarre senza tempo
Note sparse A trent'anni dall'uscita, torna lo storico live "Paris" della band inglese, completamente rimasterizzato
Note sparse A trent'anni dall'uscita, torna lo storico live "Paris" della band inglese, completamente rimasterizzato
Molto probabilmente useremo tanta banalità e ovvietà per parlare di questa ristampa dei Cure, un trentennale addirittura, il trentennale di Paris, con brani come The Figurehead, One Hundred Years, In Your House, Shake Dog Shake, Apart, Close to me, Hot Hot Hot, Catch, Lovesong e molto altro ancora, che lo stesso Robert Smith ha rimasterizzato insieme a Miles Showell nei famosi Abbey Road Studios di Londra. Versione rimasterizzata, 2lp 1cd, con due tracce bonus. Un live che fu storico già allora in realtà, però cercate di essere comprensivi, anche perché ogni tanto banalità e ovvietà ci conviene usarle, perché in fondo servono sempre a ricordare che nel mondo ci sono esseri speciali, specialissimi. E tremendamente speciale nella sua banalissima tenerezza, nella sua fragilità estetica così ostentata che serve a fare scudo e protezione, ad un mondo interiore, il suo mondo interiore, probabilmente non solo fragilissimo ma anche carico di tenerezza, di paure e angosce, di incubi, di impossibilità di sognare. È quel Robert Smith che nella sua interezza di personaggio e persona ha avuto ed ha la capacità di aprire una finestra in un mondo che ha nel riconoscere il proprio buio interiore come l’unica via per ritrovare non solo la luce in se stessi ma anche negli altri.
EH, SÌ, TUTTA QUESTA sofisticata banalità per descrivere la ristampa di un album live di un gruppo che banalmente viene infilato nel post-punk/rock/dark/ etc. etc. / e di nuovo dark, quando in realtà per capire i Cure si dovrebbero riprendere le pagine di Kafka o Baudelaire per spiegare canzoni come a Letter to Elise, brano che segue istintivamente e appassionatamente le lettere che Franz Kafka scrisse alla fidanzata Felice. Si dovrebbero riaprire i libri, ecco, quelli tanto amati da Robert, non solo Kafka e Baudelaire ma anche Sartre, Camus. In attesa del nuovo Songs of the Lost word che dovrebbe uscire, prima o poi, ma a Robert Smith &soci perdoniamo sia il prima che il poi, lasciatevi cullare, da questa ristampa, da queste chitarre triturate e stritolate, lasciatevi soffocare nei sogni, per avere più fiato nella realtà, dal rumore del basso come fosse «il cuore rivelatore» di Edgard Allan Poe.
I Cure ancora una volta dimostrano quanto sono dotati di una bellezza stravolgente, paurosamente stravolgente, come quel rossetto sbavato, perfettamente sbavato. Ed è sempre la ricerca della perfezione che fa paura e che induce a stritolare l’anima come a stritolare una chitarra.
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